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Revocato il nuovo Psc della città di Rende a causa della sequela di criticità riscontate; la deliberazione dei commissari


La scure della commissione prefettizia di Rende si è abbattuta sul Piano strutturale comunale. La deliberazione della terna composta da Santi Giuffrè, Matilde Correale e Michele Albertini ha infatti revocato la delibera d’adozione a causa della sequela di criticità riscontate. L’assetto urbanistico oltre il Campagnano è da sempre una questione di una delicatezza estrema. D’altro canto se Rende è divenuta nel corso dei decenni una città modello, oggetto di studio anche a livello europeo, lo deve alle oculate e azzeccate scelte nell’ambito della residenzialità pubblica, della cura del verde dell’offerta dei servizi. Un giusto bilanciamento tra interessi privati e benessere collettivo.

La genesi dello stop al nuovo Psc è stata lunga e controversa. L’ultima fase della consiliatura di Marcello Manna è stata caratterizzata sostanzialmente dall’attesa dell’eventuale scioglimento e dalla frenetica volontà, da parte della maggioranza dell’epoca, di portare a compimento l’iter per dotarsi dello strumento urbanistico. Missione compiuta il 30 maggio 2023. Una seduta con tempistiche da guinness dei primati, con tanto di successiva protesta in Prefettura da parte dei consiglieri di minoranza. Venne poi lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose e il conseguente commissariamento del Municipio.

A pochi giorni dall’insediamento la commissione prefettizia optò per una sospensione (successivamente prorogata) della delibera d’adozione. Seguirono mesi di tensioni latenti, di verifiche da parte dei professionisti dell’Unical fino a giungere alla deliberazione del 14 maggio che ha acceso il disco rosso per il nuovo Psc rendese. Nella deliberazione della terna con riferimento invece «all’aspetto più propriamente tecnico-sostanziale» si rilevano alcune criticità del Psc tra cui la necessità di «informazioni più dettagliate sulle potenzialità edificatorie del Psc», oltre a evidenziare «un’azione di densificazione che riguarda buona parte del tessuto consolidato anche con un significativo passaggio a nuove zonizzazioni con incremento di indici di edificabilità».

Viene altresì rilevato che il Collegio dei tecnici/sovraordinati, a seguito anche di ulteriori approfondimenti sulle osservazioni evidenziate dai professionisti Unical incaricati, ha segnalato criticità «di varia natura con riferimento a errori, refusi e carenze, nonché scelte progettuali che meriterebbero una generale azione di rettifica, approfondimento e revisione. In particolare «si rilevano errori nel Reu che esporrebbero il Comune a contenziosi in considerazione degli effetti delle norme di salvaguardia a seguito dell’adozione». Oltre a questo, i commissari sostengono che «come anche evidenziato dall’Unical, che nel proprio documento di verifica asserisce «è facile immaginare che la Regione, nel corso della sua attività di verifica, richiederà informazioni più dettagliate sulle potenzialità edificatorie del Psc», si rileva «la carenza negli elaborati del Piano della dimostrazione analitica delle volumetrie di progetto e dei relativi standard urbanistici, che rende poco “controllabile” il Psc da parte dei cittadini e da tutti gli stakeholder».

Inoltre «si rilevano scelte progettuali impattanti sotto il profilo urbanistico che, come puntualmente annotato nella valutazione della Unical, comportano un’azione di densificazione che riguarda buona parte del tessuto consolidato e che, con buona approssimazione». Il riferimento è alle zone di Quattromiglia e viale Principe dove «si passa dalla previsione di realizzazione di attrezzature sanitarie, commerciali ecc alla programmazione, anche qui, di realizzare centinaia di alloggi». «Tale scelta progettuale – hanno scritto i commissari– meriterebbe un serio approfondimento con riferimento, in particolare, alla contemporanea conferma nel Psc delle previsioni dei Pau scaduti nelle zone di espansione (senza modifiche dei relativi indici di edificabilità) con ulteriore discriminazione e danno per i proprietari di dette aree (che, di fatto, rimarrebbero poco attraenti e convenienti per gli investimenti privati)».

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