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Sandro Principe e Umberto Bernaudo

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DOPO il verdetto assolutorio nei confronti di Sandro Principe dall’accusa di collusione con la mafia locale siamo anche noi assolti da autocritica riparatoria (LEGGI LA NOTIZIA DELLA SENTENZA). In attesa della sentenza oltre un mese fa sulle colonne del giornale ho scritto: “Esprimo molte perplessità sulla presunta mafiosità di Sandro Principe legata alla concessione di una licenza di una sorta di bugigattolo ad un malamente. I suoi consensi molto alti a Rende avevano bisogno di un indicibile scambio?”. Un processo lungo, che nelle sue fasi propedeutiche ha visto l’arresto di Sandro Principe, senza dimenticare il coinvolgimento dell’ex sindaco Umberto Bernaudo e di Pietro Ruffolo.

Le accuse si sono basate su collaboratori di giustizia (uno aveva 10 anni all’epoca dei fatti come ha rilevato nella sua arringa difensiva l’avvocato Franco Sammarco), e su intercettazioni ad avversari politici. Riscontri niente nonostante le richieste di pene molto alte. La filosofia accusatoria si è basata molto sull’adagio giudiziario di craxiana memoria “Principe non poteva non sapere”.

La politica ha parlato poco della vicenda. Per opportunismo e per poco coraggio. La storia di Rende città dell’area urbana di Cosenza meritava miglior difesa nel suo essere finita alla sbarra per collusione con il boss Lanzino. La classe dirigente rendese che ha sempre raccolto consenso per una tradizione antica e consolidata è stata sbattuta in prima pagina con patente disdicevole. Classe dirigente non certo priva di errori e di piccole iattanze da principato che non hanno nessun profilo penale.

A Rende non c’era alcun sistema ma se mai per lungo tempo c’è stato un buon modello di amministrazione. C’è stato un rumoroso silenzio su questa vicenda. Soprattutto quello del Partito Democratico nazionale e regionale. Principe nel Pd è stato sottosegretario, assessore regionale, sindaco e referente privilegiato di diversi leader da prima pagina. Non hanno trovato voce neanche a verdetto di primo grado emesso. Fa eccezione la parlamentare Enza Bruno Bossio che ha dichiarato: “Anche questa vicenda ci insegna quanto sia utile, urgente e necessaria una profonda rivisitazione del potere giudiziario e del sistema della giustizia. A quante sofferenze, a quante ingiuste detenzioni dobbiamo ancora assistere?”  Ragionamento utile ad annunciare che al referendum del 12 giugno voterà con 5 sì abrogativi. Una mosca bianca nel partito che ha lasciato libertà di coscienza in materia ai suoi aderenti e sostenitori. Formula buona per temi che hanno a che vedere con i convincimenti personali.

La giustizia è tema politico. Uno dei più grandi partiti italiani una scelta doveva pur farla. Bene invece ha fatto Marcello Manna, attuale sindaco di Rende, penalista di chiara fama e garantista di lungo corso, indagato e sospeso dall’attività professionale per una vicenda di corruzione di magistrati tutta ancora da chiarire, in un’intervista sui referendum oggi al Quotidiano, a collegare le storture della carcerazione preventiva alla vicenda del suo principale competitor Sandro Principe. La giustizia giusta ha bisogno di alleanze sui principi e non sulle appartenenze.

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