Marcello Manna, sindaco di Rende fino allo scioglimento del consiglio comunale
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Avvocato Manna, iniziamo con una domanda che in molti le hanno rivolto in quest’ultimo anno: alla luce degli avvenimenti che hanno travolto Rende, fermo restando l’indiscutibile caposaldo del garantismo, non sarebbe stato opportuno da parte sua rassegnare le dimissioni?
- 2 Affermazioni forti, si spieghi meglio…
- 3 Allo stato attuale l’unica certezza però è che su Rende, sede dell’Università della Calabria e della zona industriale più grande della regione, grava l’onta dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Un duro colpo per l’immagine e la storia della città. Non pesa a Manna il lascito di essere stato il sindaco della prima consiliatura terminata a causa di presunte connivenze con la criminalità organizzata a Rende?
- 4 Nell’immediatezza della comunicazione dello scioglimento del Consiglio comunale l’ex Giunta aveva annunciato ricorso contro il decreto. Ci sono sviluppi in tal senso?
- 5 Di recente il suo ex vicesindaco Anna Maria Artese, ha fortemente stigmatizzato la condotta del Pd (o almeno di una parte di esso) sul caso Rende. Cosa ne pensa?
- 6 Nel mese di agosto ha partecipato a un incontro a Napoli insieme a un gruppo di amministratori per discutere sulla legge dello scioglimento per infiltrazioni mafiose dei consigli comunali. Cosa è emerso?
- 7 Nel frattempo il dibattito sulla città unica va avanti. Manna che idea si è fatto sulla fusione tra Rende, Cosenza e Castrolibero?
RENDE (COSENZA) – Dopo circa tre mesi dallo scioglimento del consiglio comunale di Rende per infiltrazioni Marcello Manna rompe il silenzio. Il sindaco, sospeso per la condanna in primo grado per corruzione in atti giudiziari e coinvolto nelle inchieste giudiziarie “Reset” e “Mala Arintha”, ha rilasciato un’intervista al Quotidiano del Sud in cui contesta lo scioglimento e le “tappe” che hanno portato al commissariamento del Comune di Rende.
Avvocato Manna, iniziamo con una domanda che in molti le hanno rivolto in quest’ultimo anno: alla luce degli avvenimenti che hanno travolto Rende, fermo restando l’indiscutibile caposaldo del garantismo, non sarebbe stato opportuno da parte sua rassegnare le dimissioni?
«Sono stati mesi di riflessioni e ho focalizzato l’attenzione sugli atti delle inchieste e dei processi. Sono sempre più convinto della bontà della mia scelta di non essermi dimesso. Le mie dimissioni avrebbero evitato scioglimento? Ne dubito fortemente. C’è stato un disegno ben definito per bloccare un’amministrazione comunale libera, il nostro sistema giudiziario e politico evidentemente non tollerava la nostra autonomia».
Affermazioni forti, si spieghi meglio…
«Sull’inchiesta “Mala Arintha” le tesi dell’accusa, da un punto di vista delle misure cautelari e delle gravità indiziarie, sono state smantellate. Negli tsunami di vicende giudiziarie ritengo che spesso in Italia ci sia un’interferenza tra alcuni inquirenti e certa politica mediocre (ma evidentemente potente e influente). In un simile contesto, a certe latitudini, si genera l’inquietante paradosso che se fai l’amministratore il reato precede il fatto. A Rende non abbiamo nulla da temere e lo dimostreremo».
Allo stato attuale l’unica certezza però è che su Rende, sede dell’Università della Calabria e della zona industriale più grande della regione, grava l’onta dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Un duro colpo per l’immagine e la storia della città. Non pesa a Manna il lascito di essere stato il sindaco della prima consiliatura terminata a causa di presunte connivenze con la criminalità organizzata a Rende?
«Personalmente sono indignato per quello che è accaduto, perché ritengo che abbiamo subito un’ingiustizia. Molti cittadini mi hanno espresso solidarietà e sono parimenti sconcertati dalla decisione dello scioglimento, ma non ci arrendiamo e daremo battaglia per ristabilire la verità. Quello che mi ha fatto più male è che nelle inchieste giudiziarie sono stati coinvolti dirigenti e dipendenti del Comune che sono persone serie e perbene e che, ne sono sicuro, non hanno commesso alcun illecito».
Nell’immediatezza della comunicazione dello scioglimento del Consiglio comunale l’ex Giunta aveva annunciato ricorso contro il decreto. Ci sono sviluppi in tal senso?
«In premessa devo evidenziare che ci è stato negato di visionare la relazione dei commissari prefettizi poiché secretata. Ho chiesto anche di essere sentito ma mi è stato risposto che ciò non era consentito dalla legge. Anche alla luce di tutto questo sono convinto, o almeno spero, che il comitato d’ordine e sicurezza, composto, tra gli altri, anche dal sindaco di Cosenza Franz Caruso e dal presidente della Provincia Rosaria Succurro, abbia espresso un parere sfavorevole allo scioglimento. Siamo stati sciolti sul nulla, è una vera e propria inquisizione. Stiamo predisponendo il ricorso e a breve sarà presentato. Ribatteremo punto su punto dimostrando che l’amministrazione comunale di Rende non è stata inficiata dalla criminalità organizzata. Per quanto riguarda la commissione d’accesso, che per sei mesi ha operato all’interno del Municipio, mi sia consentito dire che non è stata garantita la terzietà e l’autonomia, vista la presenza di inquirenti nella terna. Una circostanza non vietata dalla legge, per carità, ma che impone una riflessione globale».
Di recente il suo ex vicesindaco Anna Maria Artese, ha fortemente stigmatizzato la condotta del Pd (o almeno di una parte di esso) sul caso Rende. Cosa ne pensa?
«È innegabile che ci sia stato un assordante silenzio di una certa politica. Ma ci sono state anche prese di posizione discutibili, a mio avviso. Purtroppo in Calabria molti politici autonomi vengono messi da parte servendosi delle inchieste giudiziarie. Su quello che è successo a Rende in altre regioni avrebbero fatto le barricate ma il problema della Calabria è l’assenza di una classe dirigente. Basti vedere quello che sta accadendo sul Pnrr, siamo fermi al palo. Per quanto riguardo il Pd, mi pare che il partito sia stato silente sulle vicende giudiziarie che negli anni scorsi hanno coinvolto Mario Oliverio, Gianluca Callipo e Giuseppe Falcomatà. Il silenzio su di me, che non sono nemmeno un tesserato, pertanto non mi meraviglia».
Nel mese di agosto ha partecipato a un incontro a Napoli insieme a un gruppo di amministratori per discutere sulla legge dello scioglimento per infiltrazioni mafiose dei consigli comunali. Cosa è emerso?
«Siamo pronti a lanciare un appello al Parlamento, molto spesso purtroppo si sciolgono i Consigli comunali in modo frettoloso e superficiale. Eppure basterebbe mettere gli amministratori nelle condizioni di poter dire la loro, prima che venga preso il provvedimento. Chiediamo di fare una cosa che nel nostro Paese si chiama contraddittorio. Tutto qui. Stiamo chiedendo a tutti i parlamentari di attivarsi in tal senso. Quando non sussistono le condizioni, si crea un danno incalcolabile alle comunità. I commissari non hanno mica la bacchetta magica e a Rende mi pare sia già ampiamente evidente questo limite».
Nel frattempo il dibattito sulla città unica va avanti. Manna che idea si è fatto sulla fusione tra Rende, Cosenza e Castrolibero?
«Vorrei premettere che il Laboratorio civico e le altre associazioni si stanno riunendo ogni settimana. Lo dico anche per tranquillizzare qualche nostro vecchio e nuovo avversario politico. Siamo vivi e continueremo a dire la nostra. Sulla città unica siamo fermamente contrari alla proposta di legge regionale (come dimostrano le recenti delibere del Consiglio comunale dello scorso 9 maggio) ma la Regione preme forsennatamente per la fusione. Questa è una chiara volontà politica, è fin troppo evidente. A breve i rappresentati del Laboratorio civico saranno auditi in Commissione regionale e ribadiremo che la cosiddetta “fusione a freddo” cagionerebbe enormi problematiche alle tre municipalità».
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