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No e astensione vincono il Referendum e affondano la città unica Cosenza, Rende, Castrolibero. Sì avanti solo nel capoluogo
COSENZA – La città unica che ingloberebbe Cosenza, Rende e Castrolibero può attendere. Almeno secondo gli elettori dei tre Comuni che nel referendum consultivo di ieri hanno bocciato la proposta di legge regionale sulla fusione. Pollice verso a Rende e Castrolibero ma non a Cosenza dove però il voto favorevole non ha influito sul dato complessivo. Su 119 sezioni su 126 e il no è avanti con il 56,13 per cento dei voti contro il 43,11 per cento del sì. Un capitolo a parte deve essere destinato all’affluenza alle urne. Dato complessivo quasi imbarazzante, forse anche peggiore dei pronostici della vigilia. L’affluenza nel dettaglio è di 24.964 votanti (pari al 26 per cento). A Cosenza si sono recati alle urne in 10.655 (19,12 per cento). a Rende in 10.652 (33,2 per cento) e a Castrolibero 3.657 (44,78 per cento).
REFERENDUM CITTÀ UNICA, IL FRONTE DEL NO TRIONFA
Le percentuali dei votanti saranno ovviamente sviscerate e valutate nel calderone delle analisi del voto, a bocce ferme. Batosta clamorosa per il fronte del sì che annovera le forze politiche del centrodestra, il Partito democratico e Sinistra Italiana oltre che i sindacati Cisl e Uil e il sindaco di Cosenza Franz Caruso. Esulta il coriaceo e variegato schieramento del no che ha lottato parossisticamente contro il progetto di fusione. Sugli scudi ovviamente Sandro Principe, Mimmo Talarico, Orlandino Greco e tanti altri amministratori e attivisti che in una campagna elettorale molto ruvida sono riusciti a perorare con successo la causa del no. La politica dei partiti, tutti o quasi schierati per il sì, esce con le ossa rotte dalla consultazione referendaria. Masticano amaro i consiglieri regionali Pierluigi Caputo (primo firmatario della proposta di legge), Luciana De Francesco, Mimmo Bevacqua e Franco Iacucci.
Smacco pesante anche per i parlamentari del centrodestra Mario Occhiuto (apri fila della campagna elettorale per il sì), Simona Loizzo, Alfredo Antoniozzi e Fausto Orsomarso. L’identità campanilistica, lo spauracchio del debito monstre di Cosenza, le argomentazioni “anticasta”, i dubbi sui servizi, il tema della fusione “imposta” hanno evidentemente guidato la mano della maggioranza dei cittadini a barrare il no nella cabina elettorale. Da un’istintiva analisi emerge che la forte astensione ha penalizzato, in particolare a Cosenza, lo schieramento pro fusione. Nelle prossime ore è certo che ci sarà una resa dei conti tanto tra gli esponenti politici del centrodestra e del centrosinistra con la ricerca di eventuali franchi tiratori.
E ADESSO? TUTTE LE IPOTESI IN CAMPO
Ora cosa accadrà? Il referendum consultivo in quanto tale non ha carattere vincolante e deliberativo. Questo significa che l’iter legislativo per la realizzazione della città unica potrebbe ugualmente andare avanti. Tuttavia il responso delle urne non potrà essere ignorato dal punto di vista politico. D’altro canto sia nel centrodestra che nel Pd è stato assicurato che il processo di fusione sarebbe stato “congelato” se a prevalere fosse stato il no nel referendum consultivo.
I proponenti in tal senso avevano puntato sulla base complessiva dei voti forse con la consapevolezza di perdere a Rende e Castrolibero ma con la speranza di vincere a Cosenza. Un ragionamento che, per la logica dei grandi numeri, con le giuste percentuali avrebbe in effetti consegnato la vittoria al sì. Invece nonostante la netta affermazione del sì nel capoluogo alla fine l’hanno spuntata i contrari alla città unica.
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