Matteo Salvini e Nino Spirlì
4 minuti per la letturaCOSENZA – La questione dei parenti e affini dei boss candidati della Lega rivelata dal Quotidiano non preoccupa il partito di Matteo Salvini, che ha inaugurato ieri mattina lo sportello antindrangheta&malaffare alla presenza dei big regionali e del vicesegretario nazionale Andrea Crippa. Nessun cenno alle vicende del candidato consuocero di Rocco Bellocco e del nipote di Ettore Lanzino candidati nelle proprie liste. Solo risposte alle domande dei giornalisti che hanno sollevato il problema.
A quella del Quotidiano ha riferito il suo pensiero il commissario della Lega, Francesco Saccomanno, il quale riferendosi alla candidatura di Vincenzo Cusato ha parlato di un caso di “omonimia”, affermando un palese falso considerato che è stato lo stesso Cusato a dichiarare di essere il consuocero di Rocco Bellocco. Oppure Saccomanno si è impaperato e voleva dire altro. Comunque nessun imbarazzo da parte della Lega che attraverso Saccomanno ha dichiarato: «Sono persone per bene e che conosco da quarant’anni. Pagano lo scotto derivante da omonimie e situazioni che non li coinvolgono. La questione morale non è solo quello di allontanare le persone coinvolte nella ‘ndrangheta ma cercare di rivalutare quelle che non lo sono e che vengono denigrate e vessate da un sistema che non funziona bene».
Pur adoperando il plurale, la dichiarazione di Saccomanno ha risposto solo sul caso Cusato, glissando su quello di Mattia Lanzino, candidato alle comunali di Cosenza. Ma non si è sottratto, invece, il presidente della Giunta Regionale, Nino Spirlì, che ha condiviso il post che il diretto interessato, Mattia Lanzino, ha pubblicato sulla propria pagina Facebook. Spirlì ha scritto nella propria bacheca personale «Sono orgoglioso e onorato della presenza di Mattia nella lista della Lega. E’ un bravo ragazzo di Calabria».
Abbiamo anche chiesto a Mattia Lanzino di rilasciarci un’intervista per spiegare le ragioni della sua candidatura ma ha preferito non aderire al contradditorio limitandosi a rilasciare questa dichiarazione: «Benché abbia un cognome conosciuto nella città di Cosenza, e non solo, non significa che io non sia una persona valida, educata e, magari, forse, anche di vedute diverse da colui che porta il mio stesso cognome, ma che ha scelto la vita per cui sta pagando le sue colpe così come prevede la legge Italiana. Sono molto dispiaciuto per l’accaduto, perché non si deve mai fare di tutta l’erba un fascio. Non si può additare una persona solo perché ha parentele “particolari”. Io sono un ragazzo di 23 anni, che ho lavorato, cerco lavoro attualmente ed ho voluto dare un mio contributo in politica anche per fare un’esperienza di vita».
Il post di Mattia Lanzino su Facebook, ha ricevuto circa 500 mi piace, e al netto di qualcuno che non risparmia insulti al sottoscritto (fa parte del gioco dei social) in larga parte testimoniano affetto e solidarietà ad un bravo ragazzo che, tutti sostengono, non ha mai avuto a che fare direttamente con le vicende dello zio Ettore.
Ha scritto il giovane candidato pubblicando come foto la locandina del Quotidiano: «Si sono proprio io … il ragazzo citato nel titolo! Credo che il titolo del giornale di stamattina dica tutto! Fa capire quanto sia importante per loro vendere qualche giornale in più. Discriminare, infangare, ma soprattutto parlare di una persona di cui non si conosce nulla, non credo sia l’arma giusta. Sono fiero del cognome che porto, sono fiero della mia famiglia, ma soprattutto dell’educazione che ho». Queste le parole semplici di Mattia Lanzino che, per quanto mi riguarda, non ha ricevuto da me nessuna invettiva personale. Anzi, come il mio precedente articolo riporta (LEGGI), ho ribadito che lui, essendo incensurato, ha tutto il diritto di essere candidato. Se la contraddizione è stata fatta emergere è stata nei confronti del suo partito, che ha atteggiamenti ondivaghi sui temi della Giustizia altalenando con disinvoltura tra il peggior giustizialismo e il garantismo di comodo.
Comunque prendiamo atto, nonostante un lungo e inutile dibattito sul tema delle liste pulite, che la questione non è per niente calda in questo inizio di campagna elettorale.
Solo il candidato Carlo Tansi ha pubblicato su Facebook il nostro articolo scrivendo: “I calabresi che votano Lega, votano la ’ndrangheta. E votano anche chi fino a pochi anni fa ci chiamava terroni e puzzolenti… e faceva il tifo per l’eruzione del Marsili”. Per il resto silenzio.
Va detto che la vicenda fa il paio con quelle posizioni di candidati con inchieste penali e che per codici etici e liste pulite non hanno trovato posto in lista. Ma in Calabria fatta la legge trovato l’inganno con spazio sostitutivo per moglie o figlia al posto degli indagati. Sic transit gloria mundi.
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