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Occhiuto e la sua Giunta evitarono il dissesto a Cosenza, per i magistrati contabili «contribuirono ad aggravare la situazione finanziaria»


Col senno di poi gli amministratori di Castrovillari e Cosenza che nel 2011 scelsero di ricorrere al predissesto, per scongiurare il default finanziario già all’epoca paventato dalla Corte dei Conti, avrebbero probabilmente fatto meglio a dichiararlo il dissesto. Ma del senno di poi, come si dice, sono piene le fosse.
Tredici anni dopo quel momento “Sliding Doors” i Comuni di Castrovillari e Cosenza sono in dissesto ormai da un po’ e gli amministratori in carica al momento della dichiarazione di “fallimento” si trovano a fare i conti con una condanna – Mimmo Lo Polito, sindaco ancora in carica nella città del Pollino – e con la fissazione di un giudizio – l’ex primo cittadino della città dei Bruzi Mario Occhiuto – che potrebbe anche qui concludersi con la sanzione. Che in questi significa (come sa già Lo Polito, almeno per quello che è stato il primo grado di giudizio) una multa e la pronuncia di incandidabilità per dieci anni.

COSENZA E CASTROVILLARI ERANO SUL’ORLO DEL BARATRO FINANZIARIO

Ma se i Comuni che guidavano erano già sull’orlo del baratro finanziario quando sono stati eletti – si chiedono oggi gli amministratori coinvolti, sindaci ma pure assessori – possono ritrovarsi a pagare ora per aver tentato di risanare i conti con il predissesto e non esserci riusciti? Per la Procura della Corte dei Conti sì. E nel ricorso ex articolo 133 spiegano perché. «L’esame della situazione del Comune di Cosenza evidenzia la rilevanza delle condotte degli amministratori e dei revisori dei conti dell’ente locale che certamente hanno contribuito – si legge – ad aggravare una situazione di difficoltà economico finanziaria che contraddistingueva il suddetto comune».

Avviare una procedura di riequilibrio, per magistrati contabili, non significa tentare di risanare le casse dell’ente, ma riuscirci. «L’approvazione del piano di riequilibrio costituisce, pertanto, in capo agli amministratori uno specifico vincolo sulle scelte assunte dovendole stesse in ogni caso risultare coerenti con l’impegno sottoscritto del risanamento dell’ente – si legge – Gli amministratori erano pertanto tenuti, dopo l’approvazione del piano, a rispettare gli obiettivi programmati e a non rendere più aggravata la situazione economico finanziaria dell’ente amministrato».

DISSESTO COSENZA, IL RICORSO CONTRO OCCHIUTO

Nel ricorso si addebita a Occhiuto e agli assessori del periodo 2015-2018 il «grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi del piano di riequilibrio». Sul fronte delle riscossioni di imposte e tasse, che dovevano essere la principale leva per risanare l’ente, il Comune di Cosenza in quegli anni ha incassato, ma non abbastanza. Facciamo l’esempio, con i numeri, delle entrate tributarie correnti. «Nel quadriennio 2015/2018 la previsione di riscuotere a tale titolo entrate pari a 202,3 milioni di euro risulta smentita dai dati effettivi sulla riscossione che hanno attestato entrate pari a 158 milioni di euro» si legge nel ricorso.

Meno incassi significa meno risorse per far fronte alle spese, quindi nuovi debiti. La difficoltà di incassare dai cittadini tributi e tariffe si evidenzia dai dati relativi a Tari e canoni idrici: nel 2015, anno di avvio del riequilibrio, l’ente spendeva 24 milioni per i servizi rifiuti e acqua e ne incassava 3. E sul fronte del recupero dei crediti? «I tassi della riscossione in conto residui confermano l’andamento completamente non in linea con le previsioni del piano in quanto le entrate del titolo I (imposte e tasse, ndr) nel medesimo periodo temporale sono risultate pari a 29,5 milioni di euro, rispetto al valore programmato di 36,1 milioni di euro» si legge nel testo.
Per quanto riguarda le spese correnti «per le quali il comune di Cosenza si era vincolato ad attuare una significativa riduzione per rinvenire risorse da destinare al risanamento delle passività preesistenti, non soltanto, con riferimento al periodo verificato, non si è attuata la contrazione prevista, ma addirittura in alcuni esercizi, ovvero nel 2015 e nel 2018, l’ammontare delle spese correnti impegnate risulta complessivamente incrementato (sulla base “dell’acquisizione di entrate extra ordinem” si aggiunge poi) di 23,1 milioni di euro» dice la Procura della Corte dei Conti.

LE OBIEZIONI DELL’EX GIUNTA OCCHIUTO

All’aumento insufficiente delle entrate e alla mancata riduzione della spesa corrente (in giudizio l’ex Giunta Occhiuto obietterà di aver invece tagliato le uscite di 100 milioni e ridotto il personale) la Procura della Corte dei Conti aggiunge poi altri rilievi. In generale, contesta l’inattendibilità delle previsioni. Troppo ottimistiche quelle relative agli incassi, così come quelle riferite alle passività. Sul groppone Palazzo dei Bruzi si trascinava ad esempio un vecchio debito con il Commissario per l’emergenza ambientale, precedente al 2011, di circa 12 milioni, alla Corte invece risulta di 30.
Tra le contestazioni, la mancata previsione di un fondo per far fronte al contenzioso e alle passività delle controllate (con violazione, segnala la magistratura, delle nuove regole contabili) che avrebbe permesso di chiudere i bilanci con un risultato di amministrazione «evidentemente sovrastimato», l’uso di risorse vincolate per far fronte alle spese correnti a testimonianza di una forte difficoltà di cassa, un fondo crediti dubbia esigibilità sottostimato a fronte delle difficoltà di riscossione.

LE CONCLUSIONI DELLA PROCURA CONTABILE


«In considerazione degli impegni assunti per il risanamento dell’ente con l’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, assumono rilievo ai fini dell’affermazione di responsabilità per la causazione del dissesto quelle condotte con le quali, in palese violazione degli obblighi sottoscritti, sono risultati disattesi quegli impegni alla riduzione delle spese correnti e al miglioramento della capacità di accertamento e di riscossione delle entrate che avrebbero dovuto costituire, nei programmi presentati dall’ente, le leve principali per il risanamento – si legge tra le conclusioni della Procura contabile –.

«L’inadempimento degli obblighi assunti, come anche la palese violazione di specifiche disposizioni contabili e normative, rendono gli amministratori in carica nel periodo oggetto di verifica (anni 2015-2018) responsabili di avere contribuito con le proprie condotte ad aggravare la situazione economico finanziaria dell’ente e, comunque, avendo disatteso gli impegni sottoscritti con l’approvazione del piano di riequilibrio, ad avere determinato la Sezione di controllo a richiedere la dichiarazione di dissesto dell’ente».

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