Orlandino Greco, consigliere regionale di maggioranza eletto nella lista "Oliverio presidente"
2 minuti per la letturaCATANZARO – La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio del consigliere regionale Orlandino Greco, ex sindaco di Castrolibero, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione elettorale e voto di scambio. Tra gli imputati figura anche Aldo Figliuzzi, ex assessore di Castrolibero la cui posizione, vista l’assenza durante l’udienza, è stata stralciata e sarà riunita al procedimento nella prossima udienza del 17 febbraio 2020.
Gli illeciti contestati agli imputati si riferiscono al periodo che va dal 2008 al 2013. Secondo l’accusa, i successi elettorali di Greco a Castrolibero nel 2008 e nel 2013 sarebbero stati ottenuti grazie al sostegno elettorale ricevuto, in cambio di denaro e assunzioni, dal gruppo criminale guidato da Michele Bruni, alias “Bella bella”, e dal clan “Rango-Zingari”.
Nel corso dell’udienza, l’accusa – rappresentata dall’ex pm della Dda Pierpaolo Bruni, attuale procuratore della Procura di Paola – ha chiesto anche le condanne per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato: Fabio Bruni, 6 anni e 2 mesi di reclusione; Violetta Calabrese, un anno e 6 mesi; Alessandro Esposito, 6 anni e 4 mesi di reclusione; Mario Esposito, 6 anni 4 mesi; Adolfo Foggetti, 3 anni e 6 mesi; Ernesto Foggetti, 3 anni e 6 mesi; Marco Foggetti, 4 anni e 8 mesi; Massaro Marco, 3 anni e 8 mesi; Giuseppe Prosperoso, 5 anni e 10 mesi.
Il prossimo 17 febbraio l’accusa si pronuncerà nei confronti di Figliuzzi e la parola passerà poi alle difese. Oggi hanno parlato anche le parti civili costituite in giudizio, la Regione Calabria e il ministero dell’interno tramite l’Avvocatura dello Stato.
«Solo un atto dovuto – ha commentato Orlandino Greco per la parte che lo riguarda – una procura che sta trascinando una vicenda da cinque anni non può sconfessare se stessa ed è logico che chieda il dibattimento. Anche il sottoscritto, d’altra parte, si augura che adesso si arrivi prima possibile alla fase dibattimentale perché è un diritto innegabile di ogni cittadino difendersi nelle sedi preposte, confutare accuse che sa essere infondate e ristabilire la verità dei fatti».
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