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Sebastiano Somma

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Sebastiano Somma al Paolella per la stagione “Il teatro si fa in tre” nel Comune di Corigliano Rossano, ha portato in scena “Il vecchio e il mare”. Per il reading teatrale di uno dei capolavori di Ernest Hemingway, Somma ha curato anche la regia, su adattamento di Lucilio Santoni. Sul palco, l’artista è stato accompagnato da Cartisia J. Somma, dal maestro Liberato Santarpino al violoncello e dal maestro Luigi Gordano alla fisarmonica. In scena, anche l’installazione del maestro Angelo Accardi. Per saperne di più abbiamo intervistato Sebastiano Somma, uno dei volti più amati del cinema, del teatro, delle serie tv e dei fotoromanzi.

Quest’anno festeggerà i suoi primi 40 anni di carriera. Dico bene?
«Esatto. Verso febbraio/marzo. In realtà, ho mosso i primi passi legati all’arte un po’ prima, ma il percorso professionale vero e proprio è iniziato con il film “Un jeans e una maglietta” insieme al mitico Nino D’Angelo. Un cult che ha riscosso grandissimo successo a livello nazionale».

Chi è oggi Sebastiano Somma?
«A distanza di 40 anni, torno a cercare belle storie da raccontare, in cui in primis sono io stesso a emozionarmi. È sempre stato questo il leit motiv della mia carriera. Ad oggi, sento l’esigenza di raccontare cose intime, non necessariamente in chiave drammatica. Anzi, in questa fase della mia vita, mi piacerebbe tornare a fare commedia, ad alleggerire e a far sorridere le persone. Mi piace lanciare dei messaggi, amo fare qualcosa che possa lasciare il segno e “Il vecchio e il mare” si inserisce in questo percorso. Mi piace rinnovarmi e lavorare con i giovani, oltre chiaramente ai grandi autori. Dal punto di vista personale, sono in una fase di cambiamento in cui la mia professione è importante ed è sempre vissuta con grande passione, però mi piace godere anche di altri aspetti della vita».

Com’è nata l’idea di portare in scena il capolavoro di Hemingway?
«“Il vecchio e il mare” nasce in un momento di riflessione durante la pandemia. Rileggendo il testo, ho colto tante sfumature, attualizzate dal pensiero di Hemingway riguardo alla solitudine, alla vecchiaia, al rapporto tra i giovani e le persone anziane. Un rapporto che, secondo me, si sta in qualche modo ricucendo. Ne “Il vecchio e il mare” viene fuori prepotentemente questo aspetto, così come vengono fuori il viaggio in mare e il rispetto verso gli esseri viventi».

Da questo spettacolo emergono la scommessa del vecchio pescatore, la sua disperazione, la sua passione, l’amore per la natura e la rivincita.
«Esatto. “Il vecchio e il mare” parte dal dialogo tra il pescatore e Manolin, il giovane che lo ha sempre affiancato nelle uscite in mare, costretto poi dalla sua famiglia ad abbandonarlo per andare su un’altra barca, in quanto non portando più pesci il vecchio non è più in grado di soddisfare le esigenze economiche della famiglia del ragazzino. Manolin, invece, è molto legato al pescatore perché gli ha insegnato il mestiere e sa che ha ancora molte cose da dire. Poi, il vecchio si ritrova ad uscire in mare in solitudine e dialoga con sé stesso. La cattura del pesce, come dicevi tu, è segno di rinascita, è una scommessa».

Quali sono le perplessità del vecchio pescatore?
«Il vecchio prova grande dispiacere nei confronti del pesce e si domanderà quante persone avrà sfamato e se queste sono degne di mangiarlo. Il pescatore scopre in questo pesce la dignità dell’essere vivente, quindi anche della natura. Un testo pieno di simbolismi e bellissime sfaccettature. Durante la pandemia, il teatro ha avuto una battuta d’arresto importante. Così ho pensato che questo testo potesse soddisfare le esigenze di chi produce spettacoli e, soprattutto, la mia esigenza di raccontare una storia di grande attualità».

Cosa preferisce tra cinema, tv e teatro? Cosa le regala più emozioni?
«C’è profondità in tutte le cose che ho fatto. La televisione mi ha regalato grandi gioie e soddisfazioni con personaggi importanti, da Palatucci di “Senza confini” a Madre Teresa fino alle serie “Un caso di coscienza” e “Sospetti”. È affascinante il mondo della televisione, anche nel modo di raccontare. Mi piacciono le grandi storie. Nel cinema, ho girato sia film autorali sia film commerciali. L’ho amato quando sono riuscito a fare cose più profonde. Ma sono fortemente legato ai miei esordi, cioè al teatro. Come diciamo a Napoli: “’O primm’ammore nun se scorda mai”. Anche come spettatore, mi piace andare a teatro e amo il cinema d’autore».

Registi preferiti?
«Amo il cinema di Bergman, Truffaut, Garrone, Sorrentino. Poi, alcuni autori contemporanei. Ho amato il giovane regista Emiliano Locatelli, con cui ho fatto un’opera prima interessante, “Il diavolo è Dragan Cygan”, che uscirà la prossima primavera. Mi piace condividere la mia esperienza con giovani cineasti. Un po’ come ne “Il vecchio e il mare”, le energie si incrociano ed è stimolante per entrambi».

Un consiglio ai giovani?
«Non sempre è facile trasferirsi nelle grandi città e mantenersi. A livello locale, suggerisco di iniziare con lo studio di nozioni di teatro nelle scuole e consiglio di fare esperienza con compagnie amatoriali».

Quanto è stato importante l’aspetto fisico nella sua carriera?
«È stato determinante, ma ho sempre pensato a recitare, studiare, leggere. Nei fotoromanzi, occorreva rientrare in alcuni canoni estetici. In ogni caso, il fotoromanzo, io lo interpretavo perché mi piaceva metterci del mio, trasmettere emozioni ed essere espressivo. Il mondo del fotoromanzo mi ha dato la popolarità e la possibilità di mantenermi in una città difficile come Roma, però mi ha anche tolto tanto perché l’aspetto fisico cozzava con l’idea di un regista di prendere un belloccio che, magari, non sapeva recitare. Alternando il fotoromanzo col teatro e gli studi di recitazione, ho avuto la possibilità di dire la mia. Ma c’è voluto un po’ di tempo prima di sfatare i luoghi comuni legati alla bellezza. Ad un certo punto, ho sofferto questa discriminazione. Con la serie “Sospetti” di Luigi Perelli feci un gran provino. Ero “affamato” ed ho superato quel provino con la mia determinazione. Sembrava che fossi una “novità sul mercato”; in realtà, erano già parecchi anni che macinavo lavoro».

Prossimi progetti?
«C’è il film “Lupo bianco” su Amazon Prime, pellicola sulla vita del filantropo vercellese Carlo Olmo. Porterò in scena “Lucio incontra Lucio”, un omaggio a Dalla e Battisti, e “Vi presento Matilde Neruda” in chiave musicale».

Il suo legame con la Calabria?
«Le prime vacanze con i miei genitori sono state in Calabria. Ho molte amicizie in questa Regione. Molti mi hanno aspettato per assistere a questo spettacolo. Ho un bellissimo legame con i calabresi e con la Calabria, una terra molto forte fatta di gente con grandi passioni, generosità e ospitalità. Ogni volta, sono contento di ritornare».

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