Ettore Jorio
6 minuti per la letturaCOSENZA – La questione dei medici cubani in Calabria sta suscitando un andirivieni di notizie e di affermazioni. Abbiamo ritenuto di fare una riflessione con il professore Ettore Jorio, considerato tra i maggiori esperti nazionali in materia di diritto ed economia sanitaria.
L’iniziativa del presidente Occhiuto di importare quasi 500 medici cubani in Calabria ha sollevato un polverone, che ha impegnato anche la stampa nazionale. Lei, che ne ha già scritto a livello nazionale e che è anche consulente dello stesso cosa ci dice della vicenda, supponendo che se ne sia occupato nella qualità?
«Per onore della verità, non mi sono affatto occupato della vicenda, limitandomi a consigliare, all’epoca, l’adozione di due Dca: il primo di presa d’atto del provvedimento governativo con l’istituzione di un apposito elenco dei professionisti con i titoli di studio riconosciuti; il secondo con il quale il commissario ad acta approvasse, quale organo sostitutivo della giunta regionale, un regolamento applicativo del percorso di riconoscimento. Il tutto è stato risolto, invece, con un provvedimento di gestione anziché di indirizzo, più esattamente con il decreto del D.G. (n. 3210 del 24 marzo 2022), adottato la settimana successiva alla mia cessata frequenza quotidiana in Regione».
Quindi, tutta la procedura utilizzata per pervenire alla firma del contratto con la società cubana è stata collaborata da chi?
«Suppongo dalla burocrazia regionale e dai valenti tecnici che supportano il Commissario ad acta, credo gli stessi che hanno, a suo tempo, collaborato a redigere le leggi numero 32 e 33 del 2021, rispettivamente, istitutiva di “azienda zero” e di perfezionamento della fusione per incorporazione che genererà la AOU “Renato Dulbecco”».
Veniamo ai medici cubani oramai in arrivo in Calabria. Cosa ci dice al riguardo?
«Perché gli stessi divengano professionalmente attivi, ci vorrà il tempo utile per abilitarli all’esercizio. A proposito della vicenda, io vorrei mettere in risalto due diverse sfaccettature che la caratterizzano. Da una parte, c’è la passione e l’impeto del commissario Occhiuto, che è bene ricordare è esponente del Governo, chiamato a sostituire nell’esercizio istituzionale se stesso e i suoi organi collegiali, ritenuti incapaci da 14 anni (e non 12, perché a questi occorrerebbe aggiungere il commissariamento di protezione civile del 2007/2010, cui è succeduto quello attuale), nell’assunzione degli adempimenti. Dicevo una passione e un impeto che ne determinano i comportamenti che riguardano la sanità. Essi sono quei sentimenti che ciascuno di noi impiegherebbe nell’approccio ad una sanità come la nostra, gravemente malata, afflitta da mali strutturali, concepita male, mai corretta e lasciata in mano ad una burocrazia e ad un management non all’altezza dei suoi compiti, peraltro non assistiti dalla necessaria formazione. Due elementi che, associati alla paura dei danni alle persone, caratterizzano i comportamenti di chi deve comunque provvedere a fronte di un disastro; di una rete ospedaliera esasperata e deserta; di uno stuolo di medici, ai quali non si finirà mai di chiedere scusa per averli ridotti in queste condizioni di lavoro disperato; di una utenza che non sa neppure cosa sia il diritto alla salute. In questi casi, quindi, il commissario Occhiuto ha ritenuto cogliere, tra tutte, anche questa occasione utile all’estemporaneo. Ovviamente senza escludere tutte le altre, tutt’altro, indispensabili a fare ripartire organicamente gli ospedali “chiusi per abbandono” da decenni da una politica nazionale che non programma dal 2006 e che ricorre a penosi provvedimenti speciali per la Calabria, pieni zeppi di adempimenti ma non del personale occorrente. Le procedure di assunzione ordinaria per i calabresi sono al primo posto dell’agenda commissariale, attenta a misure strutturali».
E la seconda sfaccettatura?
«È la regola. Non più quella ascrivibile al solito espediente della lex specialis pro Calabria bensì a quella che è da rivedere per semplificare il soccorso umano a quella parte della Nazione (noi tutti) che è trascurata da sempre. Insomma, una regola che finalmente produca e non prometta. Una regola che tuteli il cittadino calabrese comune nel godimento dei servizi essenziali, attraverso il ricorso a procedure facilitate indispensabili per garantirgli strutturalmente la salute attraverso l’occupazione degli operatori sanitari occorrenti, soprattutto calabresi, tutelati nella ricerca del loro lavoro e di ogni prosieguo utile».
Ma anche gli Ordini dei medici calabresi hanno lamentato una violazione delle regole. Cosa ne dice? E dei sindacati dei lavoratori e delle strutture private?
«Non è vero, hanno fatto molto di meglio. Ho apprezzato molto la nota dei medici calabresi che hanno fatto due cose: hanno giustamente preteso il riconoscimento dell’utilità della loro collaborazione nel decidere le politiche regionali salutari e hanno chiarito il percorso amministrativo da perfezionare perché i loro colleghi cubani possano divenire e comportarsi come tali in Calabria (e ovunque), agendo legittimamente nel nostro SSR. La Regione è chiamata a sostituire, improrogabilmente sino a fine anno, il Ministero della salute nel procedimento di riconoscimento della laurea acquisita a Cuba, secondo i dettami del DM n. 268/2010. Dovrà farlo comparando i piani di studio svolti con quelli in vigore in Italia e ricorrendo, al termine, ad una Conferenza dei servizi, cui dovrà partecipare anche il MIUR. Sarà compito, poi, degli Ordini interessati acquisire, unitamente alle istanze d’iscrizione dei medici in possesso dei titoli di studio riconosciuti, una idonea certificazione di superamento di un esame di lingua italiana e di conoscenza delle norme regolatrici della professione. Fatto ciò, ogni medico extra-UE ha diritto, vigenti le ulteriori condizioni, a vedersi perfezionata l’iscrizione senza la quale verrebbe interdetto ai medesimi l’esercizio medico. Ciò non solo per i medici, ma per tutti gli operatori sanitari stranieri con titolo conseguito nell’UE (esonerato ovviamente dal primo step preliminare) ed extra UE. I sindacati fanno il loro mestiere. Alcuni meglio di altri. Io ne apprezzo le pretese occupazionali perché sono cresciuto nel concretizzarsi, tra gli altri, del diritto dei lavoratori. Meglio se fossero più concretamente propositivi. Relativamente alle associazioni padronali, fanno ciò che devono per “contratto” agli aderenti: potere utilizzare una tale species di mano d’opera professionale, con una retribuzione anche più favorevole per il datore di lavoro».
Ultime due domande, sono in tanti a mettere in discussione il contratto stipulato con una società commerciale, affibbiando alla stessa un esercizio non propriamente usuale.
«La società esercita, di fatto, una legittima intermediazione nella ricerca di mano d’opera professionale. In quanto tale seleziona a Cuba le disponibilità degli operatori sanitari disposti a lavorare all’estero. Ne verifica i titoli posseduti e l’idoneità psico-fisica e, quindi, ne propone l’utilizzo nelle aree bisognose. Un sistema utilizzato in Lombardia e a Torino con risultati ottenuti in piena pandemia. L’emergenza rimane, a detta del Governo che lo ha implicitamente reiterato con il DL 105/2021, sino al 31 dicembre 2022 e, con essa, ne consente il ricorso ai calabresi. Gli accordi stipulati di somministrazione di mano d’opera medicale la renderebbero, tuttavia, datore di lavoro con obbligo di assunzione dei professionisti dati poi in affitto sulla base di una selezione perfezionata unilateralmente. Però si sa, i rapporti professionali sono ad intuitu personae, così come testimoniato dall’obbligo degli esami e dalla iscrizione ad un Ordine. Ed è qui che va sottolineata la necessità di un percorso che porti alla scelta dei medici migliori e più garanti della prestazione sanitaria occorrente, individuata con apposito fabbisogno specifico».
E i nostri medici, che testimoniano ovunque una invidiabile capacità professionale?
«Il commissario sta rivendicando in lungo e in largo l’esercizio della potestas di attribuire incentivi ai medici calabresi disposti a tornare in Calabria. Quanto ai nostri giovani (bravissimi!), medici e non, ci sarà a breve spazio per tutti, indistintamente. Nelle more, si stanno valutando misure forti che ne facilitino l’assunzione a tempo indeterminato, magari attraverso facilitazioni assunzionali adattate alla più utile regola delle procedure concorsuali standard».
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