INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Allora, sindaco la prima domande è inevitabilmente questa: come ha votato?
- 2 E’ stato, dunque, un disastro per i sostenitori del sì e adesso che i cocci sono sul tavolo, tutti i responsabili delle amministrazioni coinvolte hanno un bel problema da risolvere. Come pensa che si possa affrontare?
- 3 E adesso, cosa si può fare?
- 4 A cosa servirebbe lo studio di fattibilità?
- 5 Da qui a pochi mesi, quali sono le cose che i tre comuni potrebbero fare per ricostruire un percorso di unità che tenga conto del risultato di questo referendum, affronti i temi cui lei accennava e risolva il problema di una legge che, teoricamente, prevede di fare la città unica nel 2027 ma che, ragionevolmente, non sembra più attuabile?
- 6 A proposito di alta velocità, a che punto è l’interlocuzione con governo e Ferrovie sul percorso? E ci sono i soldi?
- 7 Tornando al discorso della città unica, ci sono due questioni importanti da affrontare: quella finanziaria e quella del nuovo ospedale.
- 8 Sul punto, in campagna elettorale, è emersa una questione che suona, più o meno, così: “Ma noi di Castrolibero, che siamo virtuosi, dobbiamo pagare i debiti degli altri?”
- 9 Quindi, fiscalmente, i tre comuni sono già armonizzati e, per i cittadini non potrebbe andare peggio di così…
- 10 Come avete fatto?
- 11 E quali sono state le reazioni dei cittadini?
- 12 E veniamo al secondo tema che è quello dell’ospedale
- 13 I tre comuni saranno d’accordo su questa posizione riguardo l’ospedale a Vagliolise?
- 14 Quindi, la scelta di Vagliolise, per lei, è già da città unica?
- 15 Per concludere. Qual è la prima cosa da fare con gli altri sindaci per fare in modo che questa sconfitta del sì possa generare cose positive?
Intervista al sindaco di Cosenza, Caruso, sulla città unica: “Abbiamo il dovere di andare avanti: prima tappa Unione degli enti, poi la fusione”
Il referendum sulla città unica ha dato il suo responso negativo, ma ha lasciato sul tavolo macerie politiche e molti interrogativi. È un discorso chiuso per sempre? Può risorgere in altre forme (queste erano decisamente sbagliate)? Molti esponenti del “no” hanno più volte ribadito che una qualche modalità per mettere in comune strutture e servizi sarebbe auspicabile. E da subito si è parlato della necessità di mettere in piedi un tavolo dei tre comuni al quale affrontare le molte questioni aperte. Un tavolo che interpella prima di tutti il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, uno che è sempre stato favorevole alla città unica ma che, più volte, ha detto che questo non era il percorso giusto. Cosa pienamente confermata dal voto e dal non voto dei suoi cittadini. Al sindaco Caruso, abbiamo posto alcune domande.
Allora, sindaco la prima domande è inevitabilmente questa: come ha votato?
«Il voto è segreto, ma in questo caso per me è palese, perché ho dichiarato pubblicamente e confermo di aver votato sì alla città unica. Ho detto “sì ma non così”, perché il metodo non l’ho condiviso dal primo momento: l’ho contrastato e credo che il risultato abbia dato ragione alle osservazioni che io ho posto rispetto al percorso seguito dalla Regione per arrivare alla città unica. Sono stato audito in prima commissione dove ho ribadito la mia adesione al progetto di fusione ma ho presentato delle osservazioni che non sono state tenute in conto. E il risultato è stato quello che abbiamo registrato».
E’ stato, dunque, un disastro per i sostenitori del sì e adesso che i cocci sono sul tavolo, tutti i responsabili delle amministrazioni coinvolte hanno un bel problema da risolvere. Come pensa che si possa affrontare?
«Io ritengo che non sia stata bocciata l’idea di città unica. È stato bocciato il metodo per arrivare alla città unica. Un metodo impositivo che ha cancellato la libertà di autodeterminarsi da parte dei consigli comunali, quindi dei territori. Questo metodo non è stato accettato. Era una scatola vuota di contenuti. L’astensione non è un dato neutro. L’astensione è un voto. Si è votato per il sì, si è votato per il no e si è votato con la astensione. L’astensione è certamente un voto contro a una proposta di legge sbagliata nel metodo, non nel merito. Il fatto certo resta che il governatore della Calabria, con il suo seguito familiare, ha ricevuto una sonora batosta.
Ora tocca a noi sindaci andare avanti con una proposta concreta. Ci vuole un percorso che unifichi i servizi essenziali del territorio: trasporto pubblico locale condiviso, gestione dell’acqua e dei rifiuti condivise, ma anche una gestione del patrimonio culturale e delle iniziative culturali. Quando si parla di unione si parla di un qualche cosa che mette insieme, che unisce le parti. In questo caso invece è stato divisivo. Parlavano di unità e dividevano. Era chiaro che il referendum avrebbe portato a sottolineare le divisioni».
E adesso, cosa si può fare?
«Credo che abbiamo il dovere di andare avanti e credo fortemente nella città unica. L’ho scritto nel programma della mia candidatura a sindaco di Cosenza e penso che su questo presupposto politico si debba lavorare. Il primo passaggio è la realizzazione dell’Unione dei Comuni. L’avevamo fatta due anni fa con l’allora sindaco di Rende, Marcello Manna, e con l’allora sindaco di Castrolibero, Giovanni Greco. Avevamo costituito l’ambito unico dei trasporti. Il consiglio comunale di Cosenza ha approvato due giorni fa i regolamenti per la costituzione e l’avvio di questo importante servizio comune. Proporrò al sindaco Orlandino Greco e al commissario prefettizio (credo abbia la competenza per avviare l’interlocuzione in attesa dell’elezione democratica dell’amministrazione comunale di Rende), il percorso per la realizzazione dell’Unione dei Comuni.
L’Unione va supportata (e qui ci vuole l’aiuto della Regione) da uno studio di fattibilità che, secondo me, andrebbe affidato a Unical. Chiediamo all’ateneo uno studio serio: ci dicessero, dopo aver fotografato lo stato delle cose, qual è il percorso che le amministrazioni devono seguire per arrivare a un risultato positivo. Noi dobbiamo mettere insieme territori e risorse per rendere ai cittadini servizi migliori a costi più contenuti. E dobbiamo anche pensare allo sviluppo delle potenzialità del nostro territorio, agli investimenti che possono essere fatti per creare ritorno economico e lavoro. L’obiettivo è questo: dobbiamo fare in modo che i nostri giovani possano realizzare le loro aspettative di lavoro e di vita nel nostro territorio. I nostri giovani devono andare fuori a conoscere il mondo, se questo è il loro naturale desiderio, ma non devono essere costretti a farlo e se vogliono tornare, devono trovare qui le loro occasioni».
A cosa servirebbe lo studio di fattibilità?
«Serve a orientare le scelte da fare come territorio unificato, per tirare fuori il meglio dalle potenzialità del nostro territorio. Perché la Calabria ha le potenzialità per non essere più il fanalino di coda dell’Italia e dell’Europa; per essere un territorio che offre prospettive di crescita e di sviluppo dove vale la pena investire».
«Credo che i tre comuni, con la Regione e l’aiuto dell’Università debbano avviare un dialogo sulle esigenze e le potenzialità del territorio. Quindi, da subito, un confronto sui servizi che si possono unificare. Tra questi, sicuramente il primo è i trasporti. Poi i rifiuti e l’acqua. Questo percorso, poi, se darà esiti positivi, potrà portare alla fusione dei Comuni. Ma anche la città unica non è un punto di arrivo, ma un passaggio obbligato verso la creazione dell’area vasta metropolitana che è un’idea molto più importante e ambiziosa. Dalle Serre cosentine al Savuto, dalla Presila alla media valle del Crati si estende un territorio dalle grandi potenzialità. Mettere insieme queste potenzialità è un obiettivo di sviluppo importantissimo e realizzabile.
E l’area metropolitana cosentina servirebbe anche a rilanciare la Calabria e farla diventare un motore di sviluppo e una porta d’accesso all’Europa per il nostro meridione, il Mediterraneo e il Nord Africa. Ma se vogliamo diventare davvero questo motore di sviluppo, non possiamo non reclamare ad alta voce, la realizzazione dell’alta velocità ferroviaria. La Calabria deve avere un sistema di comunicazioni e infrastrutture moderno. E l’infrastruttura più importante non è il Ponte sullo Stretto. E’ l’alta velocità. Vogliono fare il piano Mattei rivolto all’Africa? Non possono non partire da una Calabria moderna e infrastrutturata per connetterla al resto del Paese e all’Europa».
A proposito di alta velocità, a che punto è l’interlocuzione con governo e Ferrovie sul percorso? E ci sono i soldi?
«Come Cristo, l’Alta velocità si è fermata a Eboli. Anzi, più in su, a Battipaglia. I soldi non ci sono perché i fondi per la Coesione sono stati dirottati sul Ponte. Oggi, il dibattito sul percorso, fascia appenninica o fascia tirrenica, è sterile. E’ una presa in giro, un falso dibattito. Il presidente della Regione ha lasciato alla valutazione tecnica di RFI una decisione politica così importante per la Calabria e il suo sviluppo. Nel giugno del 2022, in Cittadella, sono stato invitato a un incontro in cui l’amministratore delegato di RFI era venuto a presentare il progetto dell’alta velocità in Calabria e ci aveva illustrato il tracciato appenninico, quello che, da Salerno, arrivava a Battipaglia e a Tarsia, dicendo che c’erano ragioni tecniche che impedivano la realizzazione dell’alta velocità sul Tirreno perché c’è un ostacolo insormontabile a San Lucido.
Ma c’erano anche motivazioni ambientali perché il Tirreno era già stato devastato dalla linea ferroviaria costiera e non si poteva raddoppiare il danno. Quindi ci dissero che la scelta tecnica migliore era quella appenninica. Poi, improvvisamente, tutto è cambiato. Io sono andato (non invitato) al dibattito pubblico a Praia a Mare dove RFI ha presentato il tracciato definitivo dicendo che dall’Appennino non si poteva più passare per via di una falda acquifera nella zona dell’Esaro. E il problema tecnico insormontabile di San Lucido? Sparito. Sapete come andrà a finire? Che non faranno l’alta velocità né su uno né sull’altro tracciato.
Così, insieme a tanti sindaci del cosentino e con tre professori universitari abbiamo costituito un comitato per l’alta velocità. Siamo andati a Roma al Ministero dei Trasporti per presentare un nostro elaborato tecnico. Ci hanno ascoltato. Abbiamo chiesto un incontro con Salvini o il sottosegretario Rixi. Ci hanno detto che ci avrebbero fatto sapere. Non è arrivata nessuna risposta. Ma non ci fermiamo. Ho già presentato un’altra richiesta. Questa è una battaglia per la Calabria, per togliere dall’isolamento il medio e alto Jonio, Corigliano Rossano e la Sibaritide, territori tra i più ricchi della Calabria ma completamente isolati dal resto d’Italia. Non è una fatto tecnico. E’ un fatto politico».
Tornando al discorso della città unica, ci sono due questioni importanti da affrontare: quella finanziaria e quella del nuovo ospedale.
«Sono due aspetti assolutamente fondamentali se si vuole arrivare veramente alla città unica. Parlando di finanza, ci sono differenze importanti tra i tre comuni. Cosenza è una città in dissesto. Nel 2019 si decretò il fallimento della gestione amministrativa della città dei Bruzi. Quando mi sono insediato, nel 2021 era emerso un disavanzo di 40 milioni di euro. Poi, la Commissione straordinaria di liquidazione ha certificato un debito, ancora non definitivo, di 264 milioni. Ovviamente si tratta di un disavanzo pregresso che risale nel tempo anche prima dell’amministrazione che mi ha preceduto. Di certo, chi ha amministrato negli anni immediatamente precedenti (Mario Occhiuto; ndr) non ha risanato ma ha aggravato la situazione.
E non è un caso che la Corte dei Conti, oggi, attribuisca delle responsabilità. Nel 2013, lo Stato garantì un mutuo da 135 milioni: quei soldi non sono serviti a risanare ma sono finiti ad aumentare il disavanzo. Noi, in tre anni, abbiamo cercato di rimettere in piedi le finanze comunali e, in buona parte, ci stiamo riuscendo rispettando il piano di rientro ventennale approvato dal Ministero che si è anche complimentato con noi. Poi c’è il Comune di Rende che è sciolto per mafia. Il commissariamento finirà a giugno e il comune è in predissesto. Non sappiamo se e quando uscirà da questa situazione. Il comune di Castrolibero, invece, non ha questo tipo di problemi. Quindi, abbiamo tre situazioni finanziarie molto diverse. Ed è importante, perché il cuore di un’amministrazione è il bilancio.
Senza un bilancio armonico il nuovo comune unico non potrebbe nemmeno partire. E’ un percorso che richiede competenze, studio, approfondimento e soluzioni definite da tecnici di comprovata esperienza che si mettano a lavorare sui tre bilanci per ricondurli a unità».
Sul punto, in campagna elettorale, è emersa una questione che suona, più o meno, così: “Ma noi di Castrolibero, che siamo virtuosi, dobbiamo pagare i debiti degli altri?”
«Non è un debito che pagano i cittadini. Sulla busta paga non c’è una trattenuta per il debito di Cosenza. Si paga in termini di efficienza dei servizi. Un comune in dissesto deve garantire solo i servizi essenziali. Ma una comunità ha bisogno anche di altri servizi e, se non si risana il bilancio, questi servizi non possono essere garantiti. La situazione del capoluogo è difficile, ma i tributi comunali sono al massimo sia a Cosenza che a Rende e Castrolibero. Non è che gli altri due comuni hanno tariffe più basse per Imu o Tari».
Quindi, fiscalmente, i tre comuni sono già armonizzati e, per i cittadini non potrebbe andare peggio di così…
«Esatto. Il tema è mettere in piedi amministrazioni efficienti che badano alla spesa e al recupero delle entrate in modo serio. In tre anni, a Cosenza, abbiamo ridotto la spesa garantendo servizi essenziali e non. Ma ho lavorato anche sulle entrate. Quando mi sono insediato, la percentuale di contribuzione era del 21,1% adesso siamo al 45% ma ancora lontani da quel 65% che è la media di contribuzione nazionale».
Come avete fatto?
«Abbiamo sollecitato le agenzie di riscossione a lavorare di più e meglio. Far pagare le tasse può essere impopolare ma se vuoi amministrare bene, è così. E non si possono pretendere servizi senza contribuire. In più non è giusto che ci siano cittadini che pagano le tasse e altri che non le pagano».
E quali sono state le reazioni dei cittadini?
«Certo, c’è stato chi si è lamentato, ma noi abbiamo fatto una politica di vicinanza ai cittadini. Non abbiamo chiesto di pagare tutto e subito. Abbiamo dato la possibilità di rateizzare il pregresso con rate che arrivano anche a 50 euro al mese. Abbiamo detto: “Pagate, ma non vi vogliamo aggredire o affossare. I tributi vanno pagati, ma si può fare un po’ per volta. Io spero che, alla fine del mandato, saremo vicini alla percentuale del 65%».
E veniamo al secondo tema che è quello dell’ospedale
«La mia amministrazione ha individuato il sito di Vagliolise per la realizzazione dell’ospedale regionale “hub”. E’ una scelta che rimane ferma anche e soprattutto in vista della città unica. Una scelta che è costata 700 mila euro per uno studio di fattibilità serio da parte della Regione che ha valutato più siti e ha individuato quello di Vagliolise come il migliore. Lì c’è la stazione ferroviaria e l’accesso alla 107. Infrastrutture necessarie a un servizio sanitario che deve rispondere alle esigenze non della città capoluogo, ma di un territorio più vasto. Ecco l’idea dell’area vasta metropolitana e di un servizio essenziale per un grande territorio. Una città capoluogo deve essere altruista e aiutare lo sviluppo dei territori limitrofi.
L’ospedale a Vagliolise risponde a esigenze molto più ampie di quelle della città capoluogo. L’area è attraversata dalla 107 che collega il Tirreno allo Ionio passando per la Sila. Questo corrisponde alla mia visione di sviluppo del territorio. E comunque, l’hub a Vagliolise è più vicino all’Università che al centro della città. Ma le cliniche universitarie, che già adesso sono collocate all’Annunziata, potranno essere collocate ancora più facilmente nella sede di Vagliolise.
Comunque, l’importante è farlo perché il nuovo ospedale è indispensabile e l’Annunziata non è più in grado di soddisfare le esigenze di questo territorio. Nel piano regionale c’è scritto che Cosenza deve avere 700 posti letto, l’Annunziata, oggi, ne ha circa 450. Colmare quel gap è essenziale per garantire ai cittadini l’assistenza cui hanno diritto. E a Vagliolise i collegamenti sono facili e, soprattutto, ci sono già.
Il policlinico all’Unical, invece, avrà bisogno di nuove infrastrutture come lo svincolo autostradale a Montalto e si dovrà fare la bretella per il collegamento con l’Università. E già oggi il traffico da e verso l’Unical è molto intenso e nelle ore di punta, le code sulla 107 sono assicurate da nord e da sud. Se ci metti un ospedale che deve servire un territorio così vasto, come si farà ad evitare ingorghi epocali? Come si arriverà al Pronto Soccorso? Per Vagliolise, questi temi sono stati affrontati e il luogo è stato ritenuto assolutamente idoneo».
I tre comuni saranno d’accordo su questa posizione riguardo l’ospedale a Vagliolise?
«Io credo non ci siano particolari contrasti. È già una scelta sovracomunale. Se avessi pensato come chi mi ha preceduto, avrei dovuto dire: potenziamo l’Annunziata, manteniamo l’ospedale nella città».
Quindi, la scelta di Vagliolise, per lei, è già da città unica?
«Assolutamente sì, per me la collocazione dell’ospedale a Vagliolise risponde proprio all’idea di sviluppo della città unica e dell’area vasta metropolitana. Per me la città unica è una cosa piccola. Per me l’area vasta metropolitana è la cosa più importante. I giovani vogliono novità. E vogliono anche dinamismo. Noi dobbiamo dar loro questa speranza che superando gli steccati, i campanilismi e gli egoismi riusciremo a realizzare qualcosa di utile per loro. Nella mia vita personale e professionale, io ho realizzato quello che potevo. Adesso ho dei figli che vivono e lavorano qui… ho anche una nipote e, forse, altri ne avrò. Sarei felicissimo di mettere in piedi qualcosa che consenta ai miei nipoti di poter vivere in questo territorio e di esserne orgogliosi. Questo dobbiamo fare: rendere le future generazioni orgogliose di vivere in questo territorio».
Per concludere. Qual è la prima cosa da fare con gli altri sindaci per fare in modo che questa sconfitta del sì possa generare cose positive?
«La sconfitta del sì è una sconfitta politica che va attribuita a chi ha proposto questa iniziativa. Non è una sconfitta dell’idea del progetto di città unica. Chi si siede a un tavolo, per realizzare questo percorso importante, lo deve fare libero da interessi personali, politici e elettorali. Se lo si fa con questo spirito e si mette in campo esperienza, professionalità, competenza, capacità, visione, il progetto può fare decollare quest’area e tutta la Calabria. Se, invece, ci si chiude nel recinto dei particolarismi e degli egoismi, il progetto non vedrà mai la luce e se dovesse anche passare, l’unione dei comuni servirà solo per vedere se qualche servizio rende di più o di meno alle casse comunali ma finisce lì».
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