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Franco Bartucci, storico responsabile dell’ufficio stampa dell’Università della Calabria (UniCal), ha recentemente ricevuto il “Riconoscimento alla carriera”, un premio promosso dall’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”.


In un’epoca in cui l’informazione è spesso rapida e superficiale, Franco Bartucci, storico responsabile dell’ufficio stampa dell’Università della Calabria (UniCal), si è distinto per il suo impegno nel valorizzare la storia e i successi dell’Ateneo dedicando 36 anni della sua vita a raccontare e promuovere l’istituzione con grande passione. L’Università della Calabria ha recentemente reso omaggio a questo instancabile narratore, conferendogli il “Riconoscimento alla carriera”, un premio promosso dall’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”. Questo tributo si aggiunge alla Medaglia d’Oro al Merito, assegnatagli dall’Accademia Brutium di Roma nell’estate del 2023.

La carriera di Bartucci all’UniCal iniziò sotto la guida del lungimirante rettore Beniamino Andreatta, proseguendo poi con i rettori Cesare Roda, Pietro Bucci, Rosario Aiello, Giuseppe Frega e Giovanni Latorre. Il giornalista ha raccontato la storia luminosa della prima università pubblica statale della Calabria con una dedizione che va ben oltre il semplice dovere professionale. La sua abilità nel comunicare e la sua capacità di cogliere l’essenza degli eventi hanno permesso di documentare le vicende dell’Università, costruendone un’immagine dinamica e positiva. Per saperne di più, abbiamo intervistato Franco Bartucci.

Franco Bartucci, cosa significa per lei aver ricevuto questo importante riconoscimento?

«Sarò sempre grato ad Andreatta per avermi affidato questo compito valorizzando così il ruolo dell’informazione. Sono stato fortunato perché la mia passione e il mio credo mi hanno portato a intrattenere un rapporto costante con i media che hanno compreso il significato della mia attività lavorativa. Se ricevo questo riconoscimento, il merito è di chi mi ha dato ascolto e voce attraverso i giornali, le radio e le televisioni. Il merito è anche dei numerosi laureati della nostra grande Università, oltre 100mila. Con molti di loro ho condiviso l’entusiasmo e le lotte per il rispetto dei propri diritti. Per 36 anni ho raccontato vita e miracoli dell’UniCal. Sono in pensione da 15 anni ma continuo ad occuparmi dell’Università, quando ci sono le opportunità, e a narrare le storie di questa “creatura” che per me ha significato tantissimo. È un patrimonio di grande valore per la Calabria, pensato da uomini, politici, lungimiranti».

Franco Bartucci, può raccontarci il suo rapporto con Beniamino Andreatta?

«Sin da subito, sono stato affascinato dalla sua figura. Non dimenticherò mai il momento in cui, nel dicembre del 1971, in piedi nel salone del consiglio provinciale di Cosenza, illustrò lo Statuto dell’Università della Calabria. Disse: «Io ho un sogno. Vedo un’università sulle colline che si sviluppano tra Rende e Montalto Uffugo». Conservo nel cuore l’incarico che mi affidò: mi chiese di aiutarlo a raccontare alla Calabria tutto ciò che avremmo costruito in quell’area, nonché di accogliere e assistere le prime 600 matricole, provenienti da tutti i paesi calabresi. Andreatta fu un grande uomo che pensava concretamente al futuro dei giovani. Il primo statuto che, purtroppo, è finito nel dimenticatoio racchiude la modernità del pensiero di Andreatta: parla del diritto di informazione e trasparenza. Valori importanti che vanno a combattere e ad annullare la corruzione».

Qualche tempo fa, ha scritto il libro “L’avventura di Andreatta in Calabria. Un campus per competere nel mondo”…

«Esatto! Qui, ho raccontato i quattro anni di Andreatta in Calabria. Anni di intenso lavoro per l’organizzazione della macchina amministrativa e gestionale delle quattro Facoltà e dei ventuno Dipartimenti, ma soprattutto per la scelta del territorio dove far sorgere il complesso universitario sulla base delle indicazioni della legge istitutiva, attraverso un regolare concorso internazionale.  Il segreto di tutto è lì dentro: il discorso della grande città è stato auspicato dai padri fondatori».

Facciamo un passo indietro e parliamo della legge istitutiva dell’Università della Calabria. Ha parlato di politici lungimiranti. A chi si riferisce in particolare?

«Antonio Guarasci, prima presidente della Provincia di Cosenza e poi presidente della giunta regionale della Calabria. Riccardo Misasi, ministro della Pubblica Istruzione, che una volta approvata la legge istitutiva nel ’68, in cui c’è anche il nome di Giacomo Mancini, ha dato visibilità a questo disegno facendo sì che la Calabria avesse la sua prima università. I primi atti ufficiali sono state le decisioni prese dal Governo Colombo nel ’71. Una volta che il Governo decise che l’Università dovesse sorgere nell’area di Cosenza, c’è stato il decreto attuativo del Presidente della Repubblica Saragat. Così il ministro Misasi ha nominato il comitato tecnico amministrativo dell’Università ed i comitati ordinatori di quattro facoltà, insediatisi a Cosenza nel maggio del 1971. Purtroppo, a distanza di 53 anni, c’è ancora tanta gente in Calabria che non ha compreso l’importanza di questo grande progetto!».

Com’è avvenuta la scelta della collocazione dell’Università della Calabria?

«Nel 1971, in virtù del disegno di legge del Governo Colombo, il comitato tecnico amministrativo ha deciso di collocare l’Università della Calabria a nord di Cosenza, sebbene ci fossero pressioni nel farla sorgere a sud. Il progetto è stato scelto a nord perché offriva la possibilità di inserimento in un’area più estesa, tant’è vero che sarebbe dovuta nascere una nuova area urbana che comprendeva Cosenza, Rende e Montalto Uffugo. Inoltre, il progetto di cui i padri fondatori avevano parlato creava le condizioni affinché questo grande centro di formazione e ricerca si proiettasse verso Sibari, patrimonio culturale della Calabria, attraverso una linea ferroviaria Cosenza-Paola, Cosenza-Sibari. Ma cos’è avvenuto in questi anni? Immaginate se avessimo avuto un campus così come previsto dalla legge istitutiva; ovvero se il progetto non si fosse fermato in Contrada Vermicelli e fosse arrivato a Settimo di Montalto Uffugo. Ci sarebbero stati numerosi benefici non solo per Settimo ma per tutte le aree circostanti. Di tutto questo cosa è stato fatto? Il progetto è stato bloccato! Era prevista anche la realizzazione del villaggio dello sport: l’Università doveva essere arricchita da strutture sportive, teatri, cinema. Doveva sorgere una città nella città. Mi domando come mai i calabresi non si ribellino ai politici di oggi. Stiamo bloccando il nostro futuro e quello dei nostri figli. E poi ci lamentiamo che molti giovani emigrano al Nord».

Che mi dice a proposito del complesso residenziale?

«Avremmo dovuto avere 8mila residenze. Oggi, l’università ha circa 2.200 posti letto. Troppo pochi».

Qual è il suo ruolo nell’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”, fondata da Aldo Bonifati e presieduta dalla professoressa Patrizia Piro?

«L’associazione ha l’obiettivo di promuovere l’immagine positiva dell’Università creando un rapporto sinergico con il territorio dando valore e credibilità ai propri laureati. Sono andato in pensione nel 2008. Aldo Bonifati ha costituito questa associazione nel 2009 e ha voluto che mi occupassi della comunicazione. Impegno che per me rappresenta un vero e proprio atto d’amore e continuo a portare avanti ancora oggi. Definisco Aldo Bonificati il “padre costruttore dell’Unical”. Bonifati amava l’Università. Senza di lui, non sarebbe nelle condizioni in cui è oggi».

Franco Bartucci, qual è il suo sogno nel cassetto?

«Il mio sogno è vedere la concretizzazione del progetto dell’Università, così come disegnato dai padri fondatori, a cominciare da Beniamino Andreatta, vale a dire nelle dimensioni pensate da Gregotti. Mi auguro che possa costruirsi così una nuova Calabria».

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