Il direttore Roberto Napoletano dialoga con Giuseppe Scopelliti
5 minuti per la letturaA Mendicino un incontro tra il direttore del Quotidiano del Sud – L’altra voce dell’Italia Roberto Napoletano e Giuseppe Scopelliti, autore del libro “Io sono libero”
MENDICINO – Ieri pomeriggio, nella sala conferenze del Centro Congressi della Fondazione Carical, presso il Parco degli Enotri di Mendicino, si è tenuta la presentazione del libro “Io sono libero” di Giuseppe Scopelliti, edito da Luigi Pellegrini. A dialogare con l’autore, Roberto Napoletano direttore de “Il Quotidiano del Sud – L’altra voce dell’Italia”. Il volume, scritto con Franco Attanasio, racconta la vita e le esperienze politiche di Scopelliti, ex enfant prodige della Destra finiana, già leader nazionale del Fronte della Gioventù, sindaco di Reggio Calabria e governatore della Regione Calabria. Una presentazione coinvolgente e appassionata partita dall’esperienza detentiva fino ad un’attenta analisi della sua carriera politica e delle vicende che hanno segnato il suo percorso.
Rispondendo alle domande del direttore Napoletano, Giuseppe Scopelliti ha raccontato che in carcere spesso gli veniva detto «tanto tu sei Scopelliti e tra 6-8 mesi uscirai. Io rispondevo a ciascuno di loro: uscirai prima di me. Così è stato per tantissime persone. Essere Scopelliti era un’aggravante non un vantaggio. Tuttavia, nulla ha scalfito la mia determinazione e la mia voglia di combattere una battaglia difficile, affrontarla e superarla».
Il direttore ha chiesto qual è l’insegnamento ricevuto dal carcere che trasmetterebbe a sua figlia. «A mia figlia direi che ho trovato umanità in un luogo in cui non immaginavo di trovarla. Non c’è stata una sola persona che mi guardasse in “cagnesco”. Questa cosa mi ha colpito molto. È la dimostrazione che, se nella tua vita hai sempre teso la mano cercando di sostenere il prossimo, la vita ti ripaga. Sono arrivato in carcere con il mio trolley. Non conoscevo le regole di una struttura penitenziaria. Mi mancavano tante cose. Un immigrato si avvicinò a me e mi diede un telo per la doccia perché non si può usare l’accappatoio. Tanti altri si sono avvicinati per offrirmi il loro aiuto nell’allestimento della cella».
Il direttore Napoletano ha incalzato Scopelliti chiedendo cosa non rifarebbe di ciò che lo ha portato ad avere una condanna fino in Cassazione. Dopo un po’ di esitazione, Scopelliti ha raccontato un episodio: «Qualche settimana fa, ho incontrato alcuni amici a Roma. Uno di loro mi ha detto: ‘ho seguito la tua vicenda e l’ho vissuta in maniera stranissima perché quello che è accaduto a te potrebbe accadere a chiunque. Sono terrorizzato nel mio ruolo di presidente. Vivo nel terrore dopo questa tua esperienza’. L’ho guardato e per la prima volta ho detto una cosa che non avrei mai immaginato di dire: ‘se ti capita qualche volta, girati dall’altra parte. Conviene! Una cosa che non ho mai fatto’».
Scopelliti ha raccontato come si fa a prendere il 70% dei voti: «In tanti mi chiedono di tornare e candidarmi a Reggio Calabria. È un parere diffusissimo. Mi permetto di dire di aver rappresentato una stagione di buona politica, intesa non solo per quello che disse Fini nel 2007, ovvero nasce in Italia il “modello Reggio”, cioè un modello di buon governo di gestione, scelte, indirizzo, realizzazione. Sulla storia del modello Reggio e sulla mia amministrazione non c’è mai stata un’indagine che ci abbia portato in tribunale.
Per due annualità sono stato il sindaco più amato d’Italia insieme ad altri. Mettendo in campo la buona politica, nella città ultima d’Europa, Reggio Calabria, con il più alto tasso di disoccupazione, ho vinto con il 70%. Ma la vera vittoria è stata riuscire a portare l’86,4% dei cittadini alle urne. Il cittadino ha riconosciuto l’istituzione come credibile e affidabile. Quando questo accade, significa che si sente più vicino allo Stato e distante e distinto dai fenomeni perversi che in quel territorio vivono e prosperano. Il 70% lo prendi perché metti in campo un progetto della Reggio città turistica e regali un sogno al cittadino».
Il direttore Napoletano ha spiegato che «il primo punto della Carta di Napoli è cambiare la narrazione del Sud, ciò significa raccontare quella che c’è e non viene narrata. Punto di forza: il capitale umano. Credo che la classe politica della Calabria sia chiamata ad una scelta in nome del Paese». A seguire, l’autore del libro ha spiegato cosa accade in carcere e quali sono le criticità del percorso di reinserimento sociale. Infine, ha aggiunto: «Ripartire si può sempre. Se può farlo chi è uscito dal tunnel buio della droga perché non può ripartire chi ha sbagliato? Bisogna trasmettere questo messaggio, altrimenti è qui che la politica fallisce». Anche Napoletano ha ripreso questo punto.
«Ripartire si può sempre – ha detto – Questo vale per la dignità delle persone e, in America, vale anche per l’economia dove puoi fallire tante volte e ripartire sempre. Un principio che dovrebbe crescere nel mondo occidentale». Il direttore de “Il Quotidiano del Sud – L’altra voce dell’Italia” ha lanciato un messaggio alla Calabria «Bisogna smettere di pensare di essere gli ultimi. Questo è un punto strategico e decisivo: occorre capire che questa storia e questa geografia fanno del Mezzogiorno non la periferia ma il centro. La cosa che non ci potremmo perdonare è di non essere stati all’altezza di questa occasione».
In chiusura, Napoletano ha chiesto a Scopelliti se nell’azione del Governo Meloni gli ultimi possano diventare i primi. «Sì. Giorgia sta facendo un’azione importante, cercando di dare centralità ad un’Italia che ha perso credibilità sullo scenario internazionale – la risposta – Lo fa anche attraverso il recupero di un’identità, il risveglio del sentimento nazionale dell’appartenenza».
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