L'attaccante del Cosenza Francesco Forte
3 minuti per la letturaCOSENZA – Sembrava una bomba invece sarebbe un petardo l’inchiesta sulle scommesse illegali che ha, suo malgrado, coinvolto anche Francesco Forte, bomber del Cosenza calcio. Almeno per quel che riguarda il coinvolgimento di Forte, il petardo diventerebbe un “minicicciolo”, quelli che fanno scoppiare i ragazzi davanti alla scuola elementare. Abbiamo incontrato Francesco Forte per fare chiarezza. È arrabbiato, ma non è preoccupato. È sereno sapendo di essere completamente estraneo a quanto gli viene contestato.
«Giovedì mattina si sono presentati a casa gli uomini della Guardia di finanza, che mi hanno notificato l’avviso di garanzia. Ovviamente sono rimasto incredulo, mai avrei potuto immaginare di trovarmi coinvolto in cose che sono lontano da me anni luce. Non ho mai giocato su nessun sito legale o illegale che sia. Mai, né sul calcio né su altri giochi. Un vizio che non mi appartiene».
«Mi contestano scommesse sui siti, ma io non mai avuto un account – spiega Francesco Forte, da quest’anno attaccante del Cosenza – non ho mai scommesso un solo euro. Leggo gli altri nomi coinvolti, uno in particolare compagno di squadra e di stanza a Benevento e forse questo li ha indotti a pensare che ci fosse un collegamento con me. Ma non è così». Il giocatore in questione è il giovane Christian Pastina, difensore che ancora milita nel Benevento. «Hanno trovato sul mio conto corrente tre movimenti con Christian Pastina che posso tranquillamente giustificare».
L’attaccante del Cosenza mostra la pagina del suo conto corrente. Si leggono un bonifico di mille euro in favore di Pastina e due giorni dopo un bonifico di mille euro in entrata fatto da Pastina. «Se è per questo c’è ne anche un altro di duecento euro, perché doveva pagare una cena e ancora non aveva ricevuto lo stipendio». Sono cifre irrisorie per un calciatore e sono nulla per coloro i quali giocano le scommesse. «Verissimo. Probabilmente li ha tratti in inganno questo bonifico fattomi da Pastina di 11800 euro, ma si tratta di un pagamento di un Rolex che ho io acquistato per conto di Letizia (e mostra i due bonifici a distanza di tre giorni insieme alla foto del Rolex). Non è facile comprare un Rolex in tempi brevi se non si è amici di un qualche gioielliere. Io sono amico di un gioielliere di Venezia che mi ha fatto la cortesia di vendermi il Rolex da dare a Letizia. Poi non so perché la restituzione della cifra spesa mi sia arrivata da Pastina. Per questo movimento mi è stato contestato il reato di riciclaggio. Pazzesco. In settimana partirò per Benevento – ha concluso Forte – ho chiesto al pm di essere ascoltato, voglio chiarire al più presto la mia posizione di assoluta estraneità a scommesse e a quanto mi contestano».
A volte la rete della giustizia è lanciata a strascico e vengono presi anche pesci che non hanno a che fare con quello che cercano. «Purtroppo – conclude Forte – la notizia ha fatto velocemente il giro d’Italia. Sto ricevendo telefonate da ogni dove. Dimostrerò la mia assoluta estraneità a quanto mi contestano, ma il danno è ormai fatto. Chi mi ripagherà per la cattiva luce in cui mi ha fatto cadere una notizia priva di fondamento?».
L’INCHIESTA SULLE SCOMMESSE E FORTE
La Guardia di Finanza ha effettuato una perquisizione a casa del difensore del Benevento Christian Pastina, sequestrando i suoi dispositivi digitali: il provvedimento è scattato per la violazione dell’articolo 4 della legge 401 del 1989, che impedisce agli sportivi di scommettere sulla disciplina che praticano. Pastina si è dichiarato estraneo alla vicenda, dichiarando ai militari che il conto gioco a lui riferibile era nella disponibilità dell’ex compagno di squadra Gaetano Letizia, ora alla Feralpisalò. Proprio Letizia sarebbe infatti coinvolto nell’inchiesta, ma non è l’unico. Oltre a Francesco Forte del Cosenza, infatti, le indagini riguardano anche l’attuale bomber della cadetteria e della Cremonese Massimo Coda, anche lui ex Benevento come Forte. Sono poi coinvolte anche altre due persone, che non sarebbero però calciatori. L’inchiesta fa parte del filone della Procura di Torino.
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