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Un gatto tra i rifiuti a due passi dal centro di Cosenza

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Specchi rotti, sedie maculate, materassi in bilico sui marciapiedi. Non si tratta di arte moderna, ma dei “pezzi” più vistosi tra i rifiuti accatastati sul ciglio delle strade. Basta inoltrarsi nei vicoli più periferici della città ed eccole lì, queste sottospecie di discariche a cielo aperto.

Immondizia che si moltiplica col trascorrere del tempo. Del resto, le piramidi costruite con questi scarti diventano sempre più alte, e le foto, oltre che l’odore sgradevole man mano più pungente, lo dimostrano.

«Gli animali si sono ripresi il loro spazio», è una delle frasi di cui non ci si può scordare. La più gettonata da giornali e televisioni nel corso del serrato lockdown dei mesi passati.

Tuttavia, adesso che anche l’uomo è tornato più o meno timidamente in strada, sembra proprio che gli animali, almeno i piccoli roditori, siano rimasti in giro.

Via Popilia, in mezzo alle montagne di rifiuti lo scenario è inequivocabile: topi rosicchiano buste di plastica e gatti cercano di rosicchiare topi.

È il ciclo della vita sì, sotto gli occhi di sparuti bambini che provano a uscire da quei palazzi tutti uguali per tirare un calcio a un pallone. E respirare un po’ d’aria fresca, mascherina (e spazzatura) permettendo.

Dall’ultimo lotto, per l’appunto, di via Popilia, dove allo scenario che si presenta fa comunque da contraltare qualche balcone fiorito di garofani rossi, si percorre la strada che porta in centro e poi alla parte vecchia, la più antica, di Cosenza.

Nel quartiere della Massa e dello Spirito Santo, ecco un déjà-vu. Ancora rifiuti abbandonati e dimenticati, in modo disordinato e indifferente, vicino, persino, ai cassonetti che dovrebbero contenerli.

Chi passa accanto all’agglomerato di oggetti d’ogni tipo presente a bordo strada (valigie vuote, mobiletti, tavoli di legno, elettrodomestici) potrebbe, con un po’ di fantasia, immaginare, visto il mobilio di cui ci si è prontamente disfatti, gli interni delle case, scene di vita quotidiana che hanno avuto a che fare con quelle che ora sono cose che non servono.

C’è persino un televisore e una scarpa rossa luccicante, di tipo ballerina (visibilissima se si effettua lo zoom sulle nostre foto), alla cui vista qualcuno direbbe – o ha già detto, nonostante tutto – che nessun posto è come casa.

Il degrado è dunque manifesto. In certe zone – i luoghi lontani dal salotto buono -, più che in altre. Anche sul lungofiume (zona via Benedicenti), lì dove un tempo la movida bruzia brulicava di vita, non c’è traccia di “buone pratiche”: l’immondizia deteriora la geografia dei luoghi, mentre quel gatto senza padrone già citato, col pelo bianco e nero e poco lucido, s’aggira indisturbato tra l’erba alta mista a pattume.

Il felino crede d’aver scoperto tesori meravigliosi e, con fierezza, osserva la sua immagine riflessa nello specchio frantumato che precedentemente qualcuno ha gettato a terra (chissà se lo specchio s’è rotto prima dell’abbondono o subito dopo). Probabilmente, a ogni modo, per chi sa di vivere sette vite, sette anni di sfortuna non contano.

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