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Il neuroscienziato Antonio Cerasa

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UN’ORA in più di sonno, la scorsa notte. Un’ora in meno di luce, da oggi, al pomeriggio. È il ritorno all’ora solare: forse l’ultimo per il nostro Paese. O forse no. Due estati fa la Commissione Europea, all’esito di una consultazione popolare che ha visto pronunciarsi 4,6 milioni di cittadini, ha proposto lo stop al cambio dell’ora due volte l’anno. L’anno dopo è arrivato il sì dell’Europarlamento, che ha lasciato agli Stati membri la possibilità di scegliere se affidarsi all’ora legale o a quella solare: termine ultimo il 2021. L’Italia, per ora, ha detto no: nel giugno del 2019 il governo Conte ha inviato a Bruxelles un position paper in cui si dice contrario all’abolizione del cambio. Ma perché l’Europa l’ha messo al bando? Tra le ragioni – portate avanti da diversi Paesi, soprattutto del nord e dell’est Europa – anche i possibili danni alla salute: il cambio dell’ora influisce sul fisiologico ritmo sonno/veglia e sui cicli circadiani. Ne abbiamo parlato con Antonio Cerasa, neuroscienziato e responsabile della sede Irib-Cnr di Mangone (Cosenza).

Da stanotte siamo tornati all’ora solare. Chi ne risentirà di più?

«Le categorie che sono più influenzate dal cambio di orario sono due: bambini e anziani. Sono quelle che subiscono di più la riduzione di ore di luce e che sono più vulnerabili ai cambiamenti che possono interessare attività cicliche come mangiare e andare a dormire. Per qualche giorno potranno soffrire di difficoltà nel risveglio o nella concentrazione o di umore altalenante. L’ora solare invece avvantaggia i “gufi”, ovvero chi ama studiare e lavorare di notte e che di solito è ‘martoriato’ perché la struttura di vita occidentale è più adatta alle ‘allodole’, ai mattinieri».

Come alleviare i disturbi che il cambio dell’ora può comportare?

«Trascorrere più tempo all’aperto, di mattina, tra le 10 e le 14. Questa dovrebbe essere anche un’indicazione per le scuole che di solito programmano l’educazione motoria nelle prime ore della mattina: meglio prevederle più avanti, per sfruttare le ore di massima luce. L’altro consiglio è quello di cominciare ad anticipare di dieci minuti, già prima del cambio dell’ora, le attività ‘marcatempo’: il risveglio, i pasti, il momento in cui si va a letto. Soprattutto in vista dell’inizio della settimana».

L’Europa chiede di scegliere tra ora solare e ora legale. Quale potrebbe essere la migliore soluzione nel nostro caso?

«La sede di Palermo dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica (Irib) del Cnr ha realizzato diversi studi al riguardo e raccolto numerose evidenze scientifiche che indicano nell’ora legale la soluzione più adatta alla nostra struttura sociale e alla regolazione del nostro ciclo sonno-veglia, su cui influiscono la componente genetica, l’educazione che riceviamo sin da neonati ma soprattutto l’ambiente. Per questo l’ora legale offrirebbe, secondo gli studi dell’istituto, i risultati migliori per garantire sia risparmio energetico sia maggiore qualità produttiva. Va detto, però, che sul tema non c’è accordo nella comunità scientifica, per cui la proposta più semplice sarebbe quella di una sperimentazione. Partendo da una serie di indicatori, come la qualità della vita, bisognerebbe verificare gli eventuali miglioramenti con l’ora solare e l’ora legale. La vera rivoluzione, per tutelare i nostri fisiologici cicli sonno-veglia, in realtà sarebbe un’altra».

Quale?

«Uno dei dogmi su cui si basa la struttura del nostro sistema produttivo, l’orario d’ufficio 8-17, può essere inadatto per alcuni di noi. Il lavoro deve adattarsi alla nostra struttura fisiologica. Ci sono lavori ‘smartizzabili’ che noi rendiamo d’ufficio: ecco, in questi casi noi dovremmo massimizzare le capacità che derivano dal nostro ciclo sonno-veglia lavorando nelle ore della giornata in cui siamo più produttivi. Potrebbe essere questa la rivoluzione post Covid».

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Alessandro Chiappetta

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