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L'ospedale di Rossano

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L’odissea di un paziente di Mirto Crosia costretto ad un assurdo peregrinare che lo conduce infine a San Giovanni Rotondo. La salute in Calabria è un lusso…

MIRTO CROSIA (CS) – Quella che ci accingiamo a raccontare è una storia che ha dell’inverosimile, una di quelle che in un Paese occidentale che vive nell’anno 2023 non dovrebbe esistere nemmeno nelle sceneggiature televisive.

E invece la trovi lì, raccontata da Eugenio Forciniti sulla community de Il Pittulo. E non a puro scopo giornalistico, ma come esperienza tragica vissuta, toccata in sorte ad un suo familiare. Siamo a Mirto Crosia, comune del medio Jonio cosentino, alla foce di quel Trionto sulle cui rive si svolse la terribile battaglia fra Sibariti e Crotoniati e il cui estuario, dicono alcuni, vide le navi di Enea sbarcare dopo la precipitosa fuga dalla Troade in fiamme. 

Qui vive questo parente di Eugenio, colpito da un brutto male che qualche anno fa gli è costato un difficile intervento chirurgico e una lenta convalescenza con una graduale ripresa. Cinque mesi fa l’ultima Tac senza riscontro alcuno, quindi una primavera e un’estate alle porte da vivere senza patemi o preoccupazioni.

Fino a qualche settimana fa, quando le condizioni di salute cominciano a preoccupare di nuovo lacerando quella calma di natura sanitaria che si era posata come un velo sul vivere quotidiano. L’uomo inizia a deperire, perde peso, ricomincia la girandola di visite mediche ed esami per cercare di capire cosa stia accadendo.

Dopo l’ultimo incontro con i medici dell’ospedale di Rossano la soluzione è solo una: cercare di farsi ricoverare in un altro ospedale passando attraverso il Pronto soccorso. Si suggerisce Crotone. Ed è qui che inizia la parte allucinante della storia. Eugenio prende il suo parente e se lo mette in macchina, arrivando a Crotone. Se siete della zona capirete subito cosa voglia dire farsi la Statale 106 fino all’antica Kroton. Da Rossano sono 90 chilometri di strada a due corsie, fra rotonde, tutor, autovelox, carri bestiame, traffico quotidiano dei paesi che questa mulattiera che finge di essere una Statale attraversa.

I colli della Presila a torreggiare sulla destra, l’azzurro del mar Jonio alla sinistra. Ma quando sei un turista sanitario a ‘ste cose non ci fai nemmeno caso, è solo la quantità di asfalto a separarti dall’ospedale di arrivo che ti interessa. E ci metti lo stesso tempo che ci metteresti per arrivare in un’altra regione. Giunti finalmente a Crotone l’amara sorpresa: non ci sono posti per il ricovero, il viaggio sotto il sole di inizio giugno con un malato oncologico che geme ad ogni singolo scossone dell’auto è stato inutile.

Ma non bisogna perdersi d’animo, bisogna tornare indietro di altri 90 chilometri e tentare con l’ospedale di Corigliano, l’altra metà del cielo di quella nuova città chiamata Corigliano-Rossano in cui stanno costruendo, da circa vent’anni, un nuovo ospedale che dovrebbe prendere il posto dei due già esistenti.

Un altro viaggio estenuante, un altro Pronto Soccorso, la risposta è però la stessa: non ci sono posti per il ricovero, ci dispiace, ritenti e sarà più fortunato. Tentativi telefonici con Castrovillari, e anche lì non ci sono posti, e con Cosenza, con un telefono che squilla senza che nessuno senta il bisogno di rispondere. 

Alla fine, con lo sconforto che ti si arrampica sulle spalle, la decisione: provare in Puglia, a San Giovanni Rotondo. Chiedendoti, per l’ennesima volta, come si possa vivere in un posto in cui non puoi permetterti il lusso di ammalarti, che ti costringe ad andare fuori non solo per studiare o lavorare, ma anche per curarti sperando di non morire lontano da casa e dagli affetti. Un posto in cui si sprecano soldi a dire basta ma, curiosamente, sono i costi della sanità ad essere tagliati. Un posto in cui, chi più chi meno, ci si chiede se ne valga la pena di rimanerci.

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