L'ospedale di Castrovillari
2 minuti per la letturaCASTROVILLARI – Tanto tuonò che piovve. Il destino del reparto di Pediatria era già nell’aria quando, giorni addietro, le criticità relative alla carenza di personale erano venute a galla e si erano moltiplicati gli appelli volti a scongiurarne la chiusura.
Ma il dottor Riccardo Scudo aveva sperato fino alla fine che il suo telefono squillasse e che dall’altra parte qualcuno gli desse assicurazione di una presa in carico immediata del problema. Una telefonata che, però, non è mai arrivata: fino ad ora, infatti, non c’è stato alcun riscontro da parte dell’Azienda sanitaria di Cosenza.
Oggi il primario dell’Unità di Pediatria e Neonatologia dello “Spoke” di Castrovillari – salvo risvolti delle ultime ore – chiederà alla direzione sanitaria di formalizzare per iscritto lo stop ai ricoveri. Difficile tenere in piedi l’attività del reparto potendo contare solo su 11 infermieri – di cui uno con limitazioni dovute a problematiche di salute -, e nemmeno un oss. «I miei infermieri sono esausti, non ce la fanno più – è lo sfogo amaro di Scudo -. Non riesco a dare i riposi, sia loro sia i medici stanno facendo turni di 12 ore. Anch’io copro i turni per consentirgli di riposare e insieme a me anche alcuni medici che erano già in pensione e a cui ho chiesto di dare una mano».
Il perché ce lo spiega lui stesso: «Vede, a differenza degli Hub, negli ospedali Spoke le funzioni della Neonatologia e della Pediatria sono accorpate, come fossero un unico reparto: nella prima, è necessario che ci siano almeno due infermieri, uno che badi sia al parto che ai neonati, perché una volta nati i bambini, che da noi in genere sono 5 o 6, vengono tenuti accanto alla madre, ma devono essere continuamente assistiti, cambiati e sottoposti a screening; un altro che si occupi dei piccoli ricoverati nelle incubatrici, ad esempio i nati pre-termine, i casi di ittero, crisi ipoglicemiche e altri, che necessitano di monitoraggio h 24. In Pediatria, invece – continua il primario -, dove i bambini vengono ricoverati per varie patologie, noi facciamo “guardia attiva” quindi servono almeno quattro infermieri per ogni turno, dalle 8 alle 14 e dalle 14 alle 20 più il turno notturno, dalle 20 alle 8 del mattino. Chi fa la notte il giorno dopo deve fare il riposo, ma deve riposare anche chi ha fatto il turno la mattina precedente, quindi ne resterebbero tre. Pur volendo organizzare i turni su tre, come si fa con soli 11 infermieri a coprirli tutti? Impossibile!».
E le ferie? In un quadro del genere sono più che una chimera. «La situazione sta diventando pericolosa – ammette Scudo -, quello dell’infermiere è un lavoro delicatissimo. Se in questo reparto abbiamo salvato tante vite, è stato proprio grazie agli infermieri, alla loro bravura. Io dubito che un infermiere stanco e stressato possa salvare una vita. Se dovesse accadere qualcosa a un bambino per una mia responsabilità, parlo di responsabilità non tanto legale o giuridica ma morale, io non potrei mai accettarlo».
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