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COSENZA – È del 28 dicembre scorso la nota del presidente della Regione Roberto Occhiuto, che annunciava protocolli stilati con medici di base e pediatri per incentivare la campagna vaccinale. In cambio sarebbe stata riconosciuta loro una remunerazione di 25 euro per ogni prima dose fatta. Una sorta di “taglia sui no vax”, come l’ha definita lo stesso Occhiuto, che molti medici hanno trovato addirittura lesiva della loro dignità professionale.
Eppure nelle intenzioni di Occhiuto e di chi ha fatto da sponda all’accordo, si volevano “aiutare gli operatori sanitari in questa complicata fase della pandemia” con risorse stanziate dalla giunta regionale, per migliorare qualità e quantità dell’attività di somministrazione.
Tagli a parte però, gli aiuti di cui parla il presidente della Regione, i medici di base non li hanno ancora visti. E non riescono neppure ad ottenere i soldi, pochi, che spetterebbero loro per le vaccinazioni fatte sia a domicilio che negli hub vaccinali, spesso collocati in strutture prive di qualunque comfort sia per i cittadini che per gli operatoti sanitari. Basterebbe fare una breve visita al centro di via degli Stadi a Cosenza, per comprendere in che condizioni sono costretti ad operare i medici che raccolgono ogni giorno le giuste lagnanze dei cittadini. Aspettare quindici minuti dopo la somministrazione del vaccino, in una palestra umida e fredda, dove le temperature scendono sotto lo zero, non è piacevole per nessuno, e non lo è neanche per gli operatori sanitari che fanno turni di cinque, sei ore di fila. E per dirla tutta fino in fondo, persino gli stipendi dei medici di base, alcuni mesi, tardano ad arrivare per indecifrabili questioni amministrative che rimbalzano dal personale dell’Asp a quello regionale.
Volendo tirare le somme e facendo delle considerazioni logiche, a fronte di una richiesta di maggiore impegno da parte dei medici di base, non c’è mai stato il giusto riconoscimento della loro attività sul campo. Vogliamo ricordare il numero dei morti tra i medici di famiglia in tutta Italia o il loro impegno portato avanti “a mani nude” quando non venivano dati loro neanche gli strumenti necessari per affrontare il rischio del contagio? Davanti a questo scenario, i sindacati di categoria avrebbero dovuto alzare le barricate davanti alla Cittadella regionale e non andare sempre con il cappello in mano a chiedere una parte di ciò che gli spetterebbe di diritto.
“I medici di base – spiega il dottor Tullio Chimenti – da troppo tempo, ormai, sono costretti a subire gli attacchi dell’opinione pubblica, della stampa e della politica. Siamo stati dipinti come fannulloni che guadagnano cifre enormi. Il nostro stipendio, in realtà, comprende tutte le spese di gestione della nostra attività, comprese le tasse per i rifiuti speciali e lo stipendio del personale”.
“Inoltre, – continua – vorrei ricordare che noi, a differenza di altri operatori medici che nel 2020 hanno chiuso all’esterno le loro attività, abbiamo continuato ad assistere la popolazione costretti a supplire alla carenza degli specialisti e alle restrizioni delle strutture ospedaliere. Davanti a questo scenario, da parte dei nostri sindacati di categoria c’è stata una obbedienza totale a tutte le richieste che arrivavano dalla politica, senza mai valorizzare il nostro lavoro sul campo. E vogliamo parlare della vergognosa campagna sulla ricerca degli anticorpi sul personale scolastico data come utile a prevenire l’infezione del covid nelle scuole ma non sorretta da nessuna giustificazione scientifica? Per non parlare poi, della decisione di lasciare l’assistenza dei pazienti al Dipartimento di prevenzione che non ha mai avuto funzione di diagnosi e cura. Gli stessi sindacati hanno consentito che la nostra disponibilità telefonica di 12 ore al giorno per i malati covid, non ci venisse mai retribuita sul piano economico, perché di fatto è rientrata negli arretrati già stabiliti dal contratto firmato prima dell’emergenza pandemica”.
“Gli effetti di questa brutta politica – conclude Chimenti – si vedranno tra qualche tempo, quando si farà fatica a trovare dei medici di medicina generale come sta già avvenendo per la continuità assistenziale”.
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