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In Italia colpisce il quindici per cento delle donne in età riproduttiva, in Calabria non ci sono dati ufficiali ma è una patologia abbastanza diffusa. Parliamo di endometriosi, l’infiammazione cronica benigna degli organi genitali femminili e del peritoneo pelvico causata dalla presenza di tessuto endometriale, cioè della mucosa che normalmente riveste la cavità uterina e che si forma anche fuori dalla sua naturale sede anatomica.
“Questa condizione determina dei sintomi e dei quadri clinici molto complessi – spiega Michele Morelli, direttore dell’unità operativa complessa di ginecologia e ostetricia dell’ospedale Annunziata di Cosenza -. L’endometriosi può essere asintomatica e quindi clinicamente irrilevante o può addirittura privare la donna della sua capacità lavorativa e riproduttiva. La caratteristica di questa patologia è il dolore pelvico sia in fase peri mestruale che durante i rapporti sessuali, la cosiddetta dispareunia profonda, e rappresenta, a livello ambulatoriale, una delle ragioni principali per cui una donna si reca dal ginecologo”.
Morelli però mette in guardia, non bisogna assolutamente confondere i sintomi caratteristici di una donna durante la fase premestruale, con quelli dell’endometriosi sulla scorta del sentito dire o peggio andando su internet e praticando la medicina fai da te.
“La diagnosi di endometriosi si fa, nella maggior parte dei casi, con una discreta semplicità – continua Morelli -. La società americana di medicina riproduttiva ha identificato in questa patologia quattro stadi distinti e se è pur vero che nel primo e nel secondo stadio, nella forma minima e in quella lieve, il quadro ecografico è difficile da identificare perché le lesioni sono molto piccole, nel caso di endometriosi moderata e grave, l’associazione dei sintomi con il quadro ecografico consentono di effettuare subito una diagnosi o comunque avere un forte sospetto diagnostico che potrebbe poi essere confermato in sede chirurgica. Nei primi due stadi, lieve e minima, ci possono venire in aiuto anche le indagini di secondo livello come la risonanza magnetica che effettuata da medici esperti, ci permette di identificare immediatamente le lesioni peritoneali”.
Oltre alle terapie farmacologiche come l’associazione estroprogestinica che viene usata di continuo per impedire che la paziente abbia il ciclo mestruale e attivi lo stato infiammatorio, o le mini pillole che svolgono persino un’azione curativa dei noduli facendoli persino regredire e favorendo sia la calma dei sintomi che la distruzione programmata delle cellule endometriali, fondamentale nella cura di questa patologia è anche l’alimentazione: cibi ricchi di fibre e di Omega 3 abbassano il livello di estrogeni e aiutano a tenere a riposo i focolai peritoneali.
“Nella cura dell’endometriosi l’ultima strada da perseguire è sicuramente quella chirurgica – conclude Michele Morelli – che deve essere utilizzata però in maniera intelligente e razionale. Mi spiego meglio: abbiamo già detto che l’endometriosi è correlata a uno stato di infertilità e quindi dobbiamo giocarci la chiave dell’intervento chirurgico nel momento migliore per consentire alla donna di accedere alla possibilità di esaudire il suo desiderio di gravidanza. E questo perché proprio immediatamente dopo la chirurgia di bonifica effettuata da mani esperte, nell’anno successivo aumenta il tasso riproduttivo per poi rientrare nel quadro di una paziente con le stesse difficoltà che aveva prima. In definitiva non vado ad operare una giovane donna finché riesco a gestire i sintomi della patologia con una terapia farmacologica, ma lo farò quando l’intervento le consentirà di realizzare il progetto di diventare madre”.
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