Simona Loizzo ieri a La7
2 minuti per la letturaCOSENZA – «La morte di Lucio è la morte di un operaio che cade da un’impalcatura, in un cantiere. È una morte bianca, una morte sul lavoro».
È la moglie di Lucio Marrocco, il medico che giovedì sera si è tolto la vita a Cosenza, a parlare. Specialista in Medicina del lavoro, Lucio Marrocco era a capo della struttura di Protezione e Prevenzione ambientale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza (LEGGI LA NOTIZIA DELLA MORTE).
Si stava occupando della vaccinazione del personale sanitario ed era stato lui a definire le procedure interne di gestione dell’emergenza Covid, i percorsi, le linee guida per la tutela di medici, infermieri e operatori sanitari impegnati nella lotta alla pandemia.
Un lavoro durissimo che lo impegnava in ospedale fino a 15 ore al giorno e che alla fine lo ha ucciso, dice la moglie Simona Loizzo davanti alle telecamere di La7 e di “Non è l’Arena”.
Anche lei è medico, direttrice del Dipartimento Chirurgia Multispecialistica della stessa Azienda ospedaliera di Cosenza. «Lucio ha fatto un lavoro incredibile, di cui l’azienda dovrà dargli atto. Ha scritto delle linee guida che sono state d’esempio, pubblicate e condivise sulle chat di direzione sanitaria di tutta Italia – racconta – Aveva eseguito 10mila tamponi. Il contagio di ogni dipendente dell’Annunziata, e sono stati pochissimi, lui lo viveva drammaticamente. Chiamava i colleghi contagiati tutte le sere, per accertarsi delle loro condizioni. L’aggravarsi delle condizioni dell’operatrice sociosanitaria morta nelle scorse ore (la donna è deceduta nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, ndr) lo aveva fatto impazzire».
Tutto il lavoro fatto nei mesi scorsi era costato grande fatica anche per le oggettive difficoltà strutturali con cui il dottor Marrocco si è dovuto confrontare. «L’Annunziata è un ospedale vecchio, il plesso centrale è del 1940. Come si fa a gestire la pandemia in un ospedale vecchio, in cui si fa fatica a gestire i percorsi sporco/pulito, i percorsi Covid/no Covid – dice Loizzo – Ricordo che quella sera non riusciva a lavorare. Doveva inviare dei dati ma la mail aziendale non funzionava, perché era in revisione. Ha discusso al telefono con un collega che ha condiviso con lui questi mesi di lavoro e gestione dell’emergenza. Diceva “non è possibile, non ce la faccio più”. Un attimo dopo Lucio era giù».
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