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COSENZA – Maxi operazione anti ‘ndrangheta questa mattina all’alba a Cosenza e in altre città: è stata data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 142 indagati emessa dal gip di Catanzaro. Di questi 109 sono fini agli arresti in carcere, 20 ai domiciliari, 12 con l’obbligo di dimora e 1 sospensione dai pubblici uffici. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione di tipo ‘ndranghetistico, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravato dalle modalità e finalità mafiose, nonché in ordine ad altri numerosi delitti, anche aggravati dalle modalità e finalità mafiose.
Tra gli indagati dell’operazione, denominata Recovery, figura Enrico Dattis, finanziere per il quale è scattata la sospensione dal pubblico servizio. Molti gli esponenti della storica cosca Lanzino-Patitucci e del clan degli Zingari operanti anche sullo Ionio e sul Tirreno cosentino. Sono finiti sotto la lente della Dda di Catanzaro anche Michele Di Puppo e Adolfo D’Ambrosio, ritenuti dagli inquirenti esponenti di spicco dei clan cosentini. Determinanti ai fini dell’inchiesta le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, dalla Polizia di Stato, e la custodia cautelare è stata notificata attraverso il personale delle Squadre Mobili di Cosenza e Catanzaro, della SISCO di Catanzaro e dello SCO, i Finanzieri del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Cosenza, con il GICO del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro e lo SCICO di Roma, con il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.
Le indagini, che hanno costituito la prosecuzione dell’operazione “Reset”, si partite da un’imponente attività di indagine di tipo tradizionale, consistente in attività tecniche, servizi sul territorio, riscontri “sul campo”, con una parallela poderosa attività di acquisizione e analisi di dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, corroborati dai relativi riscontri, oltre alla acquisizione di plurime emergenze di altri procedimenti penali.
Secondo gli inquirenti sarebbero stati riscontrati «gravi elementi indiziari circa il perdurare dell’assetto dell’organizzazione criminale di ‘ndrangheta di Cosenza e del suo hinterland, articolata in diversi gruppi organicamente confederati, e tutti riconducibili ad una struttura di vertice, nello specifico riconducibili ai due principali gruppi, il clan degli italiani, nelle sue varie componenti, e il clan degli zingari, anch’esso con varie articolazioni, nell’assetto rideterminatosi a seguito delle complesse e altalenanti dinamiche relazionali tra gli stessi, nonché delle numerose vicende giudiziarie, con i relativi diversificati esiti, che li hanno interessati».
Nello specifico, le indagini «hanno consentito di ricostruire, sul piano della gravità indiziaria, la struttura del sodalizio dedito al narcotraffico, e riconducibile alla consorteria ‘ndranghetista operanti nel capoluogo brutio, nonché le linee d’azione, caratterizzate dalla preordinata ripartizione delle piazze di spaccio, dalla preventiva statuizione a livello verticistico dei canali di approvvigionamento, dalla commissione di ulteriori reati finalizzati a reperire denaro da reinvestire nel narcotraffico e/o al recupero dei crediti maturati con lo spaccio, e, infine, dall’obbligo incombente su tutti i sodali di versare nell’unica cassa comune a tutta l’organizzazione i proventi degli illeciti.
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