Lisa Gabriele
3 minuti per la letturaUna vita che trascorreva all’insegna del terrore quella di Lisa Gabriele per l’omicidio della quale è stato arrestato un ex poliziotto
COSENZA – “Bambolo”, questo il nomignolo che gli avevano affibbiato i colleghi di lavoro. Maurizio Mirko Abate, 52 anni, l’ex agente della Stradale arrestato martedì dai carabinieri di Rende perché ritenuto l’assassino di Lisa Gabriele, conduceva una vita totalmente sregolata.
È quanto annota il gip Letizia Benigno nell’ordinanza spiccata il 20 ottobre scorso, in cui viene tratteggiata una personalità dedita all’abuso di alcol e droga, ma anche a perversioni sessuali: incontri “con sei donne”, “con spogliarelliste”, “una cosa a tre”, in cui “le picchiamo e le violentiamo”, “anche due ragazze ed un ragazzo”, “serate lesbo-gay” e di “perversione totale”.
Anche suo cugino lo descriveva come un assiduo assuntore di cocaina, dalla mattina alla sera: «Pensate che la metteva anche nel caffè al posto dello zucchero. Con l’alcol era anche peggio, e per lui due bottiglie di whisky erano come acqua!».
LISA GABRIELE PRIGIONIERA DI UNA STORIA DI TERRORE
La relazione con la giovane Lisa, trovata cadavere il 9 gennaio 2005 in un bosco di Montalto, si innesta su questo sfondo, caratterizzato da «innumerevoli episodi di brutale violenza». Che l’uomo picchiasse di frequente la ragazza lo riferiscono, infatti, diverse persone ascoltate dagli inquirenti, tra cui la zia Angelina: «Una volta la vidi col braccio fasciato e lei mi disse che Maurizio l’aveva fatta cadere dalle scale», raccontava.
Anche un suo amico riferì di aver ricevuto una chiamata di aiuto, all’alba di Ferragosto, in cui la ventiduenne chiedeva di essere prelevata dall’ospedale e di averla vista in seguito, prima di accompagnarla a Zambrone dove il resto della comitiva si trovava in campeggio, con il volto tumefatto e lividi sul braccio, ma che la stessa disse di essere scivolata e di aver sbattuto.
A fornire ulteriori riscontri in tal senso, anche il collaboratore di giustizia Francesco Galdi, che conobbe Lisa quando quest’ultima faceva la segretaria presso una concessionaria di Rende. «Francè, mi devi aiutare, mi devi aiutare perché ho bisogno di aiuto – gli confidò -. Io sto con uno della Polizia, si chiama Maurizio, ho problemi seri». Lisa gli parlò di «un “brutto giro”, di droga, alcol», qualcosa tipo “setta satanica”, in cui non si trattava solo delle canne, ma si andava «molto oltre». Una spirale fatta di «giochi a sfondo sessuale con l’utilizzo di sostanze pesanti, anche allucinogene», in cui era rimasta imprigionata e da cui voleva uscire.
LISA ERA TERRORIZZATA
Terrorizzata, convinta di morire, prima o poi per mano, di Abate. «Questo mi ammazza», ripeteva insistentemente a Galdi chiedendogli di accompagnarla fin dentro casa, spaventata all’idea di vederselo spuntare da qualche anfratto dell’abitazione. Una volta tentò persino di denunciarlo, recandosi in Caserma, ma non ci riuscì. Chiese aiuto al padre e ai fratelli che vivevano in Germania, sollecitando il loro ritorno in occasione delle festività natalizie. Allontanò amiche e conoscenti, per paura di ritorsioni nei loro confronti.
Quello tra i due era, infatti, a tutti gli effetti un amore “malato” (nome in codice dell’inchiesta, non a caso, “Le malamour”), fatto di «attrazione, possessione morbosa da parte della donna», una vera e propria “ossessione” – nonostante la consapevolezza del pericolo di morire -, acuita a seguito della scoperta della relazione di Abate con un’altra donna e della gravidanza di quest’ultima.
Da qui il crescendo di esasperazione da parte dell’uomo che, in un’occasione, finì addirittura per pestarla a sangue. L’episodio – come confermato da diversi testimoni – si registrò nei pressi della Caserma, al culmine di un litigio, allorquando Lisa si presentò con un cuscino sotto la maglia, simulando di essere incinta. Una sorta di “protesta” per la rottura della loro relazione. Sarà proprio il soffocamento tramite un cuscino, di lì a poco – secondo la ricostruzione fatta dalla Procura – a determinare la morte della fanciulla. Quasi un “contrappasso”, una punizione beffarda per aver messo in pericolo l’imminente matrimonio dell’uomo che amava.
L’interrogatorio di garanzia per l’ex agente è fissato a venerdì mattina presso il carcere di Vibo Valentia, dove si trova ristretto. È difeso dagli avvocati Marco Facciolla e Francesco Muscatello.
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