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Un documento dell'uomo scomparso

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CORIGLIANO ROSSANO (COSENZA) – L’ultima traccia porta alla stazione ferroviaria di Rossano. Una telefonata e poi il cellulare è rimasto muto, per sempre. Rajeevan Monacha, indiano di 42 anni, è svanito nel nulla. Era partito da Napoli il 23 luglio insieme a un connazionale. Erano diretti in Calabria per lavorare nei campi. La prima meta era la stazione di Sibari. Un territorio, quella della Piana, troppe volte teatro di storie di sfruttamento e violenza. Come tanti stranieri, tramite un amico indiano, avevano trovato lavoro nelle terre di Cassano.

A ripercorrere le ultime tappe prima della sparizione del 42enne è un suo amico, un connazionale, titolare di ristorante indiano del centro di Napoli. Secondo il suo racconto, Rajeevan aveva lavorato incessantemente in due giorni nella Piana di Sibari. In campi diversi insieme ad altre persone. “E’ un lavoro massacrante, troppo pesante, non ce la faccio più” aveva riferito ad alcuni suoi amici, tra cui al ristoratore di Napoli. E più volte aveva manifestato di far ritorno nella sua città italiana, quella che l’aveva accolto a braccia aperte. Napoli era il suo respiro, nonostante le tante difficoltà quotidiane per tirare a campare.

E’ il 25 luglio. L’uomo aveva ricevuto il giorno prima la chiamata di un connazionale, sempre da Napoli. «Arrivo alla stazione di Rossano, vienimi incontro» avrebbe detto. Così poco dopo mezzogiorno del 25, Rajeevan fa una chiamata all’amico dalla stazione di Rossano per riferire che è in stazione ad aspettarlo. Sarà l’ultima chiamata che parte dal suo cellulare. Quando l’amico arriva in treno, non trova nessuno ad aspettarlo. Rajeevan non c’era più. Sparito. Da quel giorno nessun familiare o amico lo ha più sentito. Alcuni documenti sono rimasti a Napoli e custoditi dal ristoratore, suo connazionale. Si tratta di un allontanamento volontario o vittima di una banda del caporalato? Al momento la vicenda resta avvolta nel mistero. Potrebbe aver pagato a caro prezzo quel suo desiderio di abbandonare il lavoro nei campi del Cosentino e ritornare prima possibile a Napoli? Oppure c’è dell’altro dietro al suo lavoro massacrante, magari pagato pochi euro all’ora?

Negli ultimi tempi non ci sono stati ritrovamenti di corpi nell’area di Sibari. Il corpo senza vita di un uomo, invece, è stato ritrovato in un’area boschiva situata nel territorio di San Marco Argentano nei giorni scorsi. Il cadavere, di cui è ignota l’identità. era in avanzato stato di putrefazione. Una distanza considerevole, però, tra la stazione di Rossano e San Marco Argentano. Troppi settanta chilometri per far sparire un corpo. Amici e familiari continuano a sperare un allontanamento volontario del 42enne, anche se con il passare del tempo si affievolisce sempre di più la speranza di trovarlo in vita.

Sta di fatto che poco prima della sparizione di Rajeevan era scattata nella Piana di Sibari l’inchiesta “Demetra” sullo sfruttamento nei campi degli stranieri. Braccianti sfruttati e venduti a giornata: 60 misure cautelari e 14 aziende agricole erano state sequestrate tra Cosenza e Matera a seguito delle indagini della Guardia di Finanza. Una inchiesta che aveva messo in risalto storie tristi di sfruttamento e violenze. La Calabria offre uno spaccato singolare. La regione, infatti, è caratterizzata, principalmente, da flussi migratori non rilevati: sia i rilevanti flussi di immigrazione stagionale connessi alla raccolta dei prodotti agricoli e, in parte, alla stagione turistica; sia l’immigrazione non regolata, connessa ai frequenti sbarchi di migranti ‘non intercettati’ poi ospitati nei centri di prima accoglienza presenti nella regione. Adesso nella Piana di Sibari spunta un’altra vicenda dai contorni raccapriccianti.

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