L’area della confluenza ripresa dall’alto
2 minuti per la letturaCOSENZA – Sono trascorsi cinque anni dal tentativo di Palazzo dei Bruzi di avviare una campagna di scavi alla confluenza di Crati e Busento, per cercare la tomba di Alarico. Non si andò molto al di là delle rilevazioni con i georadar. Quando sul Crati arrivarono le ruspe (per lavori di mitigazione del rischio idrogeologico) la Soprintendenza corse a fermare tutto, perché ogni intervento nell’area richiedeva la presenza di un archeologo.
Com’è andata dopo lo ricordiamo tutti: il Soprintendente ai Beni archeologici dell’epoca, Mario Pagano, aveva firmato un protocollo con il Comune per avviare la fase di ricerca e il Ministero dei Beni culturali lo costrinse a un precipitoso dietrofront. Il giudizio degli esperti del Mibact fu tranchant: «La sepoltura di Alarico e del suo tesoro? È poco più che una leggenda: è un problema di credibilità scientifica, non c’è alcun indizio».
Cinque anni dopo, però, c’è qualcuno che torna a occuparsi di Alarico e della sua sepoltura. Si tratta di un team di ingegneri e studiosi francesi, che ha messo su il progetto di ricerca Alaric premier, ha contattato i sindaci di Cosenza e dell’hinterland e ha avuto già uno scambio epistolare con il Mibact. Del gruppo fa parte l’ingegner Jean-Claude Barré, specialista di misurazioni a infrarossi, che ha operato in ScanPyramids, un progetto internazionale che ha scansionato, con tecniche innovative basate sulla fisica delle particelle, la Piramide di Cheope.
Per Alarico si vuole procedere in modo simile a quanto fatto per le piramidi: per ora il team ha studiato le immagini satellitari dell’area, poi prevede di passare – se ci saranno le autorizzazioni necessarie – a rilevazioni non invasive sul posto. Il Mibact, nel rispondere all’istanza presentata, ha rinviato tutto alla Soprintendenza locale.
Tocca alla Soprintendenza ricevere le richieste, vagliare il progetto scientifico, valutare la congruità delle risorse – sì, perché il team si impegna a metterci i soldi e le attrezzature – e poi trasmettere tutto alla Direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del ministero, insieme al proprio parere.
Il Mibact, però, va oltre e aggiunge – in due note trasmesse al team dalla Direzione generale Archeologia – alcune indicazioni. «Si ritiene che la ricerca in oggetto – scrive la direttrice Galloni – per quanto sostenuta da cospicui investimenti (peraltro non dettagliati) non possa essere approvata se non a seguito di una più ampia programmazione, che ne estenda gli obiettivi non solo al ritrovamento del tesoro di Alarico, ma anche all’approfondimento della conoscenza del tessuto archeologico che caratterizza il territorio interessato».
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