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I cocktail del bar Bronx

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IL CAFFÈ al bar Bronx era d’obbligo. Lo era dopo aver presenziato a un funerale celebrato nella chiesa di piazza Loreto, per fare pausa dalle scartoffie da posto fisso all’Inps o perché, se eri nelle vicinanze, e incontravi l’amico di una vita o il conoscente dell’ultimo minuto, alla domanda «Nu pigliamu nu cafè?», non potevi rispondere negativamente. È di ieri la notizia che quel bar in centro città spegne definitivamente le luci, anche se una volta circolata la notizia della chiusura, Cosenza 2.0 rivela, attraverso una nota ricevuta, quale sarà il futuro dell’attività. Come ipotizzava il Quotidiano del sud, il Bronx passerà a nuova gestione. Come a dire che finisce un’era, e ne inizierà una nuova.

«Con oggi si chiude una lunga storia. Una storia cominciata nel 1978 e che è durata per ben 45 anni. La storia del Bar Bronx e della famiglia Lucanto. Con questo post vogliamo ringraziare tutti, i clienti e gli amici che ogni singolo giorno ci hanno sostenuto, i fornitori e i dipendenti tutti che ci hanno aiutato a far sì che questa azienda crescesse giorno dopo giorno. Questo non vuole essere un addio ma un arrivederci, a presto», è il messaggio che alle prime luci dell’alba è comparso sulla pagina Facebook della storica attività. Poi è stato un attimo. «Lo sai che il bar Bronx ha chiuso?», la domanda rimbalzata per tutto il giorno sui telefoni dei cosentini. Quelli, soprattutto, che a piazza Loreto c’hanno passato l’infanzia. Per loro, in particolare, è come se con quella saracinesca abbassata si corroborasse la consapevolezza che prima o poi tutte le cose belle, come l’amore, i giochi di bambino, finiscono.

Esiste un mondo perduto, ed è quello che abita e abiterà solo nei nostri ricordi. Come le madeleine con Proust, le pizzette del bar Bronx con chi possiede l’87100 per codice di avviamento postale potrebbero essere oggetto di lunga trattazione letteraria. Un morso e ti scatenavano dentro un universo altro, quello di quando la piazza limitrofa era affollata di bambini e non solo, come oggi, di anziani solitari accompagnati da altrettanto badanti solitarie. C’erano le biciclette normali, non quelle con le ruote a mo’ di trattore. C’erano la spensieratezza, don Gino, il gelato del concorrente Pedatella, la vita. Chissà se un giorno tutto questo sarà ancora possibile, chissà se ci sarà spazio per un’altra pizzetta. Erano tonde, di medie dimensioni, soffici. Nuvole della panificazione. L’elemento identificativo e identitario del bar Bronx, così come la varchiglia per Renzelli, i profiteroles per Sabato, la caprese e il babà per il Disco Verde e tutto il resto (specie le zeppole) per il già citato Pedatella. La mozzarella addensata in mezzo, la salsa di pomodoro grezza, il cornicione quasi bruciacchiato e quel gusto prelibato ed esplosivo, di dolce e salato insieme. È difficile spiegare.

Non si sa, a ogni modo, il motivo da cui dipende la decisione della chiusura del bar Bronx: sono i tempi? La crisi? L’aumento dei costi delle materie prime? O è la volontà di cambiare vita, di reinventarsi e magari anche quella di andare in pensione come un paio di anni fa fece Santino, l’uomo che ci fece sentire tutti per un attimo dottori e dottoresse, col suo bar di via Isonzo?

Mentre si ipotizzano tesi e teorie, un’altra questione tuttavia si fa largo tra le tante. Non si sa, di fatti, neanche perché il bar Bronx si chiamasse così, richiamando, nell’immaginario collettivo, uno dei distretti – il più povero e “a rischio” criminalità – in cui è divisa New York. Chissà se dietro ha un altro significato, magari Bronx è in realtà l’acronimo di qualcosa di particolare, intimo, familiare. Se ne ricorda, però, la ristrutturazione, l’avvio del servizio “mensa” a pranzo, quello da asporto e domicilio. C’è da dire che i cuddrurieddri del bar Bronx anche nel 2022 siano nientemeno che finiti sulla guida di Gambero Rosso. E poi l’aragosta! Quella ordinata al bar e che poi finiva sulle tavole di molte, moltissime famiglie di provincia pronte a festeggiare il Natale come in un film di Monicelli. Ebbene, come accennato, non si conoscono i motivi di questa chiusura, non si sa se il bar aprirà in un altro luogo, magari più vicino al nuovo baricentro della città. È che tutto ciò induce a una riflessione, che ha a che fare col concetto di gentrificazione: di anno in anno quella che un tempo era considerata zona centrale di Cosenza diventa un po’ più periferica, coi locali che chiudono per trasferirsi nelle aree “cool” e della movida cittadina. Brillano alcuni salotti, anziché altri. Si tende a concentrare i servizi in taluni agglomerati, piuttosto che ovunque. La vicenda che ha coinvolto il bar Bronx potrebbe esserne esempio.

Ieri, dunque, alla notizia repentina della chiusura a chi scrive è giunto un Whatsapp particolare. Un giovane avvocato raccontava che, prima di poter aprire uno studio e quindi in assenza di uno spazio consono ad esercitare la professione, riceveva i clienti al Bronx. «In che senso?», domandiamo. «Niente, gli davo appuntamento lì, per un caffè, e al bar parlavamo della causa, delle cause». Come a dire, insomma, che quel posto, con le uova di Pasqua esposte in vetrina, e le pastiere sotto vetro, ha rappresentato per molti un rifugio, una casa. Una casa lontano da casa.

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