L'accoglienza a Cariati dei profughi ucraini
3 minuti per la letturaCARIATI (COSENZA) – Hanno il volto segnato dal dolore di chi è costretto a fuggire dal proprio paese, dopo aver toccato da vicino la morte sotto i bombardamenti. Vira e Svitlana sono nuora e suocera, giunte dall’Ucraina in Italia nella settimana di Pasqua insieme ai loro otto bambini di varie età (il più piccolo due anni, la più grande 18, in mezzo due gemelli di tre anni). Tutti, tra l’altro, scampati miracolosamente anche a una serie di esplosioni che sembrava dovessero centrare i vagoni del treno che li stava portando via.
Ma il cuore è rimasto lì, nella loro terra ferita. Vira, 38 anni e un fisico robusto, ha con sé la figlia diciottenne e un bambino di 11 anni. Nonna Svitlana, che di anni ne ha 61, e l’esile figura segnata dalla sofferenza e dalla paura, ha affrontato con coraggio il drammatico passaggio fino all’Italia, per mettere in salvo anche altri sei nipoti, tutti minorenni.
Il viaggio dalla loro terra è, infatti, durato sette giorni e si è concluso a Cariati, dove hanno ricevuto la calorosa accoglienza delle suore di Santa Gemma Galgani, con il sostegno del parroco di “Cristo Re”, don George Viju, e dei volontari. La famiglia di profughi era partita da Maidan, nel Donetsk; al confine con la Polonia, si sono imbarcati su un aereo della Caritas Italiana che li ha trasportati a Roma. Nella capitale hanno trovato ad attenderli i volontari della Caritas Diocesana di Rossano-Cariati che hanno provveduto al loro trasferimento a Cariati, dove la Madre Superiora suor Giovanna Costantino aveva già predisposto la loro sistemazione in un appartamento del Centro Missionario.
È proprio grazie a suor Giovanna e al traduttore Google che è stato possibile interloquire con la donna più giovane, per conoscere meglio la loro storia. «In Ucraina, in mezzo ai bombardamenti, ho lasciato mia madre, due sorelle, amici e parenti – racconta Vira – il nostro paese è vicino Barvenkovo ed è stato tutto bombardato, anche i paesi vicini sono stati devastati da incendi ed esplosioni. Abbiamo quindi deciso di fuggire con i bambini ma, quando siamo saliti sul treno, abbiamo subìto tre attacchi aerei, le bombe sono cadute a soli cinque metri da noi. Abbiamo avuto tantissima paura – ricorda – a me sono comparsi capelli bianchi che non avevo».
Vira e Svitlana non nascondono la grande preoccupazione per i loro uomini rimasti al fronte, come tutti quelli abili a combattere, con i quali riescono a comunicare solo tramite whatsapp. «Ci sentiamo spesso – è sempre Vira a parlare – ci dicono che i russi sono diventati più arroganti e che violentano donne e bambini». La speranza, tuttavia, è quella di tornare in Patria non appena la situazione sarà più tranquilla.
Nel frattempo, le due donne esprimono un’immensa gratitudine per suor Giovanna, che, dal canto suo, afferma: «Stiamo facendo di tutto per far vivere questi fratelli e sorelle serenamente, ma non è facile; è bastato vedere in televisione le immagini del conflitto in corso per far scappare fuori i bambini, mentre a Svitlana sono venuti gli attacchi di panico». La religiosa informa che, dopo i necessari adempimenti burocratici, gli ospiti potranno accedere ai servizi sanitari e i bambini potranno frequentare le scuole cittadine. Sarà, questa, una nuova sfida anche per la comunità educante, che avrà il compito di restituire ai piccoli quel sorriso che la guerra ha tolto loro.
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