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Una videochiamata tra Anna e Katia prima del ricongiungimento

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CELICO (COSENZA). Quanti secondi può durare un abbraccio tra due sorelle separate dalla guerra? Per Anna e Katia, divise dal conflitto esploso nel cuore dell’Europa, è come se le lancette avessero smesso di scandire il tempo nel preciso istante in cui, dopo momenti di ansia, angoscia e paura, entrambe si sono ritrovate faccia a faccia e al sicuro sotto il cielo italiano. Per tutto il periodo che va dall’inizio della guerra al 18 marzo, data che precede il giorno del loro ricongiungimento, le due donne, distanti centinaia di chilometri l’una dall’altra, sono rimaste in contatto senza mai spezzare quel legame indissolubile che le unisce e le rafforza.

La maggiore, Anna, da Mykolaiv, raccontava l’orrore della guerra immaginando più volte che il cielo roboante sopra l’Ucraina tornasse ad essere amico, mentre la minore, Katia (cittadina italiana), con il cuore e la mente rivolti laggiù, seguiva da Celico al fianco di mamma Inna, l’evoluzione degli scenari di guerra. La pioggia di missili e razzi toglieva il sonno sul Mar Nero così come nel piccolo centro ai piedi della Sila. Della drammatica vicenda ‒ di chi da un giorno all’altro vede sconvolta la propria vita ‒ e del coraggio di queste due sorelle si era occupato il Quotidiano del Sud, pubblicando un articolo in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna. Oggi Anna è al sicuro in presila con la figlia, una bambina di 7 anni, e il marito.

Nonostante la comfort zone però fatica a dormire e si sveglia di colpo nel cuore della notte in preda al terrore. Sono fuggiti, dopo interminabili giorni di resistenza, attraversando il confine con la Moldavia. Hanno strappato dalle grinfie infernali di una città sotto assedio anche l’amico a quattro zampe (un gatto che accudiscono ormai da 9 anni). L’esodo li ha portati in Romania dove ad attenderli c’era mamma Inna, sopraggiunta sul posto per condurli in Calabria, passando dalla Grecia. Sei lunghi giorni di viaggio prima di arrivare a Celico, venti posti di blocco disseminati lungo la strada per lasciare l’Ucraina e quattro ore di cammino a piedi fino alla frontiera moldava.

Nel tragitto hanno incontrato un fiume di profughi partiti in gruppo, in famiglia o da soli, con pochi bagagli e qualche animale al seguito. Negli occhi il terrore e nelle mani quello che resta della loro vita impacchettata in una manciata di secondi. “La notte prima della partenza i russi hanno bombardato la città molto più forte di prima ‒ racconta la donna ‒ Guardavo mia figlia dormire e le chiedevo scusa”. Anna, infatti, temeva che non si sarebbero più risvegliati. Così il mattino seguente con i documenti in tasca e pochi indumenti raccolti decidono, senza esitazione, di lasciare Mykolaiv.

“Quando in un primo momento al posto di blocco volevano fermare mio marito, nonostante gli interventi subiti, perché per loro era in grado di combattere, mi si è gelato il sangue. Alla fine lo hanno lasciato passare spiegandoci che negli step successivi però qualcuno avrebbe potuto obiettare”. Anna racconta di aver tirato un sospiro di sollievo solo dopo aver oltrepassato il confine. Ad oggi sono tutti e tre molto provati, anche il rumore della portiera della macchina che sbatte può generare un’escalation di timori. Le cicatrici della guerra, infatti, non sono solo fisiche: “La piccola la notte si dimena anche se adesso dorme in un letto comodo”, narra la madre.

Per quanto riguarda il Comune di Celico, la dott.ssa Ilaria Lopez (Assistente Sociale Specialista), ha guidato Anna e la sua famiglia nelle operazioni per ottenere il codice/tesserino Stp (Straniero Temporaneamente Presente) che consente di avere diritto all’assistenza sanitaria di base, ai ricoveri urgenti (e non) e in regime di day-hospital. Lo stesso è necessario per effettuare la vaccinazione anti-covid. Il Comune sta lavorando anche per l’inclusione a livello scolastico della piccola. Non è questo il caso, ma è l’Ente, che segue chi sopraggiunge sul territorio nei passaggi per avere il permesso di soggiorno temporaneo.

“Abbiamo creato e attivato una rete con la Questura, l’Asp, la Chiesa e il Banco Alimentare”, racconta l’assistente sociale con la voce rotta dall’emozione. “Le brillano gli occhi quando si dedica al suo lavoro”, le parole di Katia. Si apprende che il 28 marzo è previsto un tavolo di concertazione sul tema dell’accoglienza con gli attori sociali del territorio per rispondere tutti insieme alla grave emergenza umanitaria che colpisce in particolare le famiglie, i bambini e i più fragili. Perché in ogni guerra a pagare il prezzo più alto sono i civili.

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