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Un particolare del murale di Corigliano

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CORIGLIANO ROSSANO (COSENZA) – Rigenerazione urbana, è l’attività che da qualche tempo l’associazione “Schiavonea e Sant’Angelo puliti”, che opera nei due borghi marinari della città di Corigliano-Rossano, sta attuando. Un nuovo volto per vari angoli dei due borghi con tanto interesse da parte dei visitatori e dei residenti.  

In particolare, l’attenzione si focalizza sul murale, “U tatarannu”, realizzato di recente dall’artista calabrese Claudio Chiaravalloti sulla facciata di un palazzo ubicato in una delle tante vie che costeggiano viale Salerno a Schiavonea. Il dipinto occupa oltre 100 metri quadrati e ricorda un evento storico: la tragedia del 31 dicembre 1974 che costò la vita a 12 pescatori del borgo marinaro di Schiavonea.

A 47 anni da quel funesto evento, il dolore, tra le tante famiglie di Schiavonea, è ancora vivo. Ma, l’opera non soddisfa, sotto il profilo del messaggio che dovrebbe esternare, soprattutto alle giovani generazioni, i proprietari della palazzina che hanno dato il proprio assenso affinché l’associazione facesse realizzare il murale.

Cataldo Curatolo, ex funzionario dell’ex comune di Corigliano Calabro, proprietario della palazzina, che in quella tragedia perse un fratello e cinque cugini è intervenuto in merito. Si ricorda che in quella tragica circostanza furono le famiglie Curatolo e Celi che persero 12 componenti (sei Curatolo e sei Celi).  Ora, Cataldo Curatolo ha avvertito l’esigenza di esprimere il suo pensiero sul reale messaggio che l’opera di Chiaravalloti avrebbe dovuto lanciare. «In premessa – afferma l’ex funzionario del comune di Corigliano – vorrei dire che apprezzo l’iniziativa avviata da qualche tempo dall’associazione. Anche perché uno dei motivi che ha spinto me e tutta la famiglia Curatolo ad accettare la proposta di realizzare un murale sulla facciata del nostro palazzo va proprio nella direzione di accogliere con entusiasmo un’attività che tende a valorizzare il nostro borgo marinaro. Sin dal primo momento – afferma Cataldo Curatolo – a nome di tutta la mia famiglia, all’associazione prima, ed all’artista Chiaravalloti poi, ho dato la disponibilità  all’utilizzo della parete perché venisse raffigurata la tragedia del 1974,  non in chiave triste e fine a se stessa, ma che dovesse invece lanciare un messaggio positivo per le giovani generazioni».

«In diverse circostanze, sia prima dell’avvio dell’opera, che durante la realizzazione della stessa, – spiega Curatolo – ho detto a Chiaravalloti e al vice presidente dell’associazione Martilotti, che il messaggio portante del disegno doveva essere i sei delfini, che rappresentano i componenti della famiglia Curatolo scomparsi in mare nel 1974,  che cavalcano le onde di un mare calmo e azzurro per  rappresentare la freschezza  della gioventù e della loro vigoria fisica. La barca a motore inclinata dalla parte della poppa (elica) senza che però questa stesse affondando. Invece così non è stato. L’artista ha disegnato, tra l’altro, una barca a motore seguita da sei delfini, che non sono abbastanza visibili. Tutto ciò, di fatto, svilisce il significato e la portata del messaggio che noi volevamo dare».

E adesso cosa si fa? «Io ho chiesto ai rappresentanti dell’associazione di far rivedere il murale, perché rimanendo così,  non lancia quel messaggio di speranza che deve giungere alle giovani generazioni. Il mondo della pesca è un mondo fatto di tanti sacrifici e rischi quotidiani, però è anche un mondo di soddisfazioni, perché permette a coloro che la praticano di vivere con dignità. Ed è questo messaggio che deve giungere ai giovani e a tutti coloro che un domani vorrebbero intraprendere questa attività».

Il murale tornerà al progetto iniziale? «E’ questo l’impegno assunto da parte dall’associazione nella giornata di sabato 23 ottobre  – afferma ancora Cataldo Curatolo – anche perché tutto ciò non andrebbe a stravolgere la completezza del murale».

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