Marcello Nisticò
3 minuti per la letturaCOSENZA – Un dolore difficile da superare e, come avviene sempre in questi casi, impossibile da accettare. Marcello Nisticò ha scelto di andare oltre all’età di 58 anni (LEGGI LA NOTIZIA), lasciando dietro di sé una scia di rimpianto e amarezza nei tanti che lo hanno conosciuto e che in queste ore esternano la loro sofferenza sui social network per ricordare l’amico scomparso. E di amici ne aveva tanti Marcello, buona parte dei quali guadagnati sul campo del lavoro – l’avvocatura – e in senso più stretto su quello da tennis.
La professione e lo sport, i suoi due grandi amori unitamente alla famiglia. Un lutto lo aveva colpito di recente adombrandone il sorriso allegro e sincero come quello da lui mostrato nella foto che ora in tanti condividono sui loro profili Fb, accompagnate da parole bagnate di lacrime.
C’è la Fit che attraverso il presidente Joe Lappano piange «il dirigente e il maestro che ha contribuito alla crescita del movimento tennistico e alla formazione di tanti giovani, ma soprattutto un amico ed una persona di alto spessore».
Gli sportivi calabresi lo ricordano come un «un punto di riferimento per gli appassionati di tennis, in particolar modo, della città di Cosenza. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo nelle vesti di dirigente e maestro dell’Asd “Vittoria”, ne ha apprezzato le qualità che hanno permesso a tanti giovani di crescere da un punto di vista sportivo ed umano all’insegna dei valori dello sport».
La dottoressa Cristina Giraldi era una delle sue allieve di racchetta, ma anche sua amica personale: «Oggi piango un amico di sempre – scrive – il mio primo e unico maestro di tennis che tanto mi ha fatto amare questo sport…ed ho il rimpianto di non averlo aiutato abbastanza…ciao Marcello mi mancherai».
Un altro del gruppo era Michele Bochicchio che ricorda come gli amici lo prendessero in giro «per i capelli lunghi», evocando echi di risate che oggi sembrano lontane anni luce: «Il tennis ha perduto un ottimo e paziente maestro, ma è dell’amico che sentiremo maggiormente la mancanza».
Non mancano ovviamente i requiem dei colleghi. Giovanni Maria Cirio usa tre parole per descriverlo: «Delicato, attento, sensibile», a Pasquale Gagliardi ne bastano due: «Allegro e casinista», un po’ tutti mettono in primo piano la sua «signorilità».
Era cresciuto nel quartiere di Casali ed è lì che confluiscono i ricordi di Daniele Saggio, mentre Francesco Minuti spiega come proprio ieri sia andato «al suo campo di tennis per salutarlo», apprendendo allora la triste notizia che riassume con abilità forse inconsapevole da cronista: «Marcello non c’era più». E a proposito di cronisti. Marcello Romanelli quello schianto lo conosce e unendo due dolori tira fuori il più dolce degli auspici: «Simpatico, buono, maestro di tennis mio e di mia sorella. Buon viaggio con Paola qualche scambio lo farete. Lei soffriva le palle corte. E tu ridevi…di gusto. Perché sei tanta vita».
Daniele Piraino, anche lui avvocato e procuratore dei calciatori, lo chiamava “maestrino”. E usa una metafora sportiva, valida per la vita: «L’ unica partita da non perdere, Marce’, l’unica, l’ultima». Vive ancora e vivrà sempre nei ricordi. Quello dell’avvocato Salvatore Giorno chiude idealmente la rassegna a lui dedicata, con un saluto che non è un addio, ma garanzia di ritorno. Prima o poi, ci rivedremo. «Anni ’80, una banda di ragazzini con una racchetta in mano ed un ragazzo un po’ più grande che ci portava in giro e ci faceva scompisciare dalle risate. Un ombrellone, un quarto di under 14 all’ultimo sangue e poi un chilo di gelato in un cilindro rovesciato per festeggiare in una gelateria di Siderno. Non potrò mai dimenticarti. Ciao Marcellino».
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