Mario Dodaro
3 minuti per la letturaQUARANT’ANNI fa veniva ucciso l’imprenditore cosentino Mario Dodaro e la fondazione a lui dedicata vuole ricordarlo con un’iniziativa che si svolge stamattina nella sala consiliare del Comune di Castrolibero.
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Aveva 43 anni Dodaro, una giovane moglie, Lisa, due figli adolescenti, Francesco ed Antonella, e una terza in arrivo, Maria Gabriella, che nascerà qualche mese dopo la morte del padre. Qualche settimana fa la Corte d’Appello di Catanzaro ha accolto il ricorso presentato dalla famiglia Dodaro ed è stato riconosciuto all’imprenditore lo status di vittima innocente di ‘ndrangheta anche se l’associazione “Libera” già da tempo lo annoverava nel lunghissimo elenco di persone che hanno perso la vita per essersi opposte alle richieste estorsive della criminalità organizzata.
Partecipano all’incontro di oggi il sindaco di Castrolibero, Giovanni Greco, il presidente della Fondazione “Mario Dodaro”, Carlo De Rose, il sottosegretario agli interni Wanda Ferro, il professore di diritto processuale penale dell’Unical, Alessandro Diddi, l’assessore regionale Emma Staine, la vicepresidente nazionale dell’associazione “Libera”, Daniela Marcone, monsignor Leonardo Bonanno, vescovo della diocesi di San Marco Argentano – Scalea, il presidente di Confindustria Cosenza, Fortunato Amarelli e il questore di Cosenza, Michele Maria Spina. Racconteranno le loro storie alla giornalista Luciana De Luca del Quotidiano del Sud, che modererà e condurrà l’incontro, l’imprenditore testimone di giustizia Gaetano Saffioti, Silvia Ventra dell’associazione “Piana Libera”, Giuseppe Borrello del coordinamento regionale di “Libera”, il brigadiere dei carabinieri Pietro Toscano, Alessio Cassano, presidente dell’associazione antiracket “Lucio Ferrami” e i familiari di vittime innocenti di ‘ndrangheta Bruno Polifroni, Domenica Diano Giorgino e Giuseppina Germanò che coinvolgeranno anche gli studenti del Liceo scientifico “Scipione Valentini” di Castrolibero e dell’Istituto comprensivo “Tommaso Cornelio” di Rovito, chiamati nei giorni scorsi a proporre riflessioni sia sulla figura di Dodaro che sulla condizione dei familiari delle vittime innocenti costrette ad attendere moltissimi anni prima di veder riconosciuti loro i diritti previsti dalla legge 522 del 1999.
Riflessioni che hanno svelato quanto sia importante proporre ai giovani una nuova narrazione delle persone che hanno voluto scrivere una pagina di storia diversa della nostra realtà e che non è solo ‘ndrangheta ma anche talento, resistenza e bellezza.
QUEL 18 DICEMBRE DI 40 ANNI FA
Pioveva a dirotto quella sera. Mario Dodaro stava ritornando a casa da sua moglie Lisa e dai suoi figli Francesco e Antonella. Era felice, stava per diventare padre per la terza volta. Quella mattina aveva anche festeggiato all’interno del suo salumificio con i suoi dipendenti l’imminente arrivo delle feste. Solo dopo averli aiutati a sgomberare i tavoli, si era congedato da loro. L’agguato avvenne davanti al portone di casa: tre colpi di pistola, poi il soccorso dei familiari e la corsa, purtroppo inutile, verso l’ospedale. Una settimana prima, Mario Dodaro lo aveva confidato ai familiari, l’imprenditore era stato affrontato da cinque persone, che erano andate al salumificio per chiedergli di pagare una tangente di 200 milioni di lire. Lui rifiutò: era pronto a dar loro un lavoro se volevano, ma soldi no.
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