Franz Caruso, sindaco di Cosenza
3 minuti per la letturaCOSENZA – Non solo «offensivi», ma anche «discriminatori». Franz Caruso taglia corto: i cartelli disegnati dai bambini della Lidia Plastina Pizzuti “non s’avevano da fare”. Fine della discussione. Tira dritto il sindaco di Cosenza, annuncia battaglia. Non ci sta, dice, a farsi pubblicamente dileggiare dai ragazzi della scuola. Soprattutto perché la tesi che siano realmente stati loro a mettere nero su bianco i poco gloriosi epiteti con cui è stato etichettato («maiale assassino», «zucca vuota», «pelato»), il primo cittadino non l’accetta.
Di una cosa, infatti, si dice assolutamente certo Caruso: dietro le scritte sui fogli incriminati del cantiere di piazza Rodotà ci sarebbe lo zampino dei genitori dei bambini della Lidia Plastina Pizzuti. E degli insegnanti dell’istituto. Che, col benestare del preside Massimo Ciglio, avrebbero incentivato un’operazione «lesiva» della sua immagine. E di conseguenza, di quella «dell’istituzione che rappresenta» (tanto la scuola, quanto le famiglie respingono gli addebiti, in questo articolo).
Sindaco, ieri ha inviato una lettera agli Uffici scolastici provinciale e regionale (LEGGI) perché prendano provvedimenti contro Massimo Ciglio, chiedendo addirittura la sua rimozione dalla dirigenza della scuola. Non le sembra eccessivo?
«Mi sono mosso così perché quello che è successo è gravissimo, sono state scritte delle vere e proprie schifezze. Qualsiasi libera forma di opposizione è legittima, purché rispettosa sia delle persone che delle istituzioni. In questo caso non è stato così. Il compito del dirigente scolastico è quello di formare ed educare gli alunni, non di aizzarli e istigarli all’offesa personale. In quei disegni non è espressa una critica a un’azione posta in essere dal sindaco, ma una serie di ingiurie rivolte direttamente contro di me. E Ciglio ha esplicitamente condiviso e dato sostegno alle espressioni volgarissime che sono state messa in bocca a questi bambini. Che d’altronde, ci tengo a specificarlo, non avrebbero potuto esprimersi autonomamente in questo modo».
Però allo stato dei fatti questa è solo una supposizione. Come farete ad accertare che i cartelli siano stati scritti o ideati da preside e genitori? Non starete mica pensando ad un esame grafologico?
«Non è questo il punto. Ma le ribadisco che il preside Ciglio avrebbe dovuto pubblicamente dissociarsi dai manifesti, invece ha sostenuto e condiviso quanto scritto su quei fogli, sobillando la protesta in un modo assolutamente non adeguato. Doveva dire ai ragazzi che non ci si può scagliare in questi termini contro il sindaco. Ecco perché mi sono rivolto agli uffici scolastici».
Nel comunicato reso pubblico ieri dal suo ufficio stampa parla di discriminazione. A cosa si riferisce?
«Ha visto i manifesti? Si allude esplicitamente a mie caratteristiche fisiche che sono prese di mira e rese oggetto di scherno da parte dei bambini. Caratteristiche fisiche che non dovrebbero essere rilevanti ai fini della protesta. Che cos’è questa se non una forma di discriminazione? La scuola dovrebbe educare al rispetto, al rigetto di qualsiasi espressione di razzismo. E invece siamo arrivati a questo. Peraltro, dopo tutto quanto accaduto recentemente al Valentini».
Cosa c’entra ora il Valentini? Non le sembrano due vicende diverse, difficilmente sovrapponibili?
«Sono diverse, certo. Ma se lì si parlava di sessismo, qui si tratta comunque di esternazioni discriminatorie. E la scuola oggi dovrebbe rappresentare un argine per entrambe».
Che ne è della libertà di dissenso? Da convinto socialista, non vorrà essere tacciato di limitare il diritto alla contestazione.
«Non è la prima volta che si manifesta per la riapertura al traffico di via Roma, e fino ad ora non sono mai intervenuto direttamente. Ma questa volta si è scesi sul piano personale. Gliel’ho detto, ci mancherebbe che non si possa fare opposizione, ma non in questo modo. E poi io sono convinto delle cose che faccio, non devo avere per forza il consenso da parte di tutta la popolazione cosentina. Magari sbaglierò, come capita a tutti. Vorrà dire che me ne assumerò la responsabilità».
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