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Uno dei giacigli dei senzatetto

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COSENZA – Stazione di Vaglio Lise, le 22.18. È una notte particolarmente fredda e dalle scale del sottopassaggio, nel silenzio interrotto solo dalla voce metallica che annuncia i treni in arrivo e in partenza, si distingue con chiarezza un colpo di tosse. Francesco, volontario di “Casa Nostra”, scende fino a giù con una torcia per scoprire se lì ci sia davvero qualcuno rintanato al buio tra i cartoni. Proprio così: d’un tratto appare Vasco, gli occhi pieni di paura, il braccio destro fasciato.

«Vieni, ti aiutiamo noi», gli sussurra Francesco accompagnandolo fuori e il suo volto sembra illuminarsi. Accetta volentieri del té caldo, un piatto di pasta e una coperta. Viene dalla Bulgaria, la notte dorme alla stazione di Cosenza al ritorno da Sibari, dove – racconta – è impegnato nella raccolta delle olive. I ragazzi lo salutano con la promessa di tornare a trovarlo e lui sembra deluso alla notizia che dovrà aspettare ancora una settimana. Ma Vasco non è il solo a dormire sotto le stelle. Nella loro consueta uscita settimanale (il mercoledì, a breve anche il venerdì) i volontari dell’“Unità di Strada” battono palmo per palmo la città, conoscono ogni anfratto in cui i senzatetto sono soliti trovare riparo.

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«Seguiamo ogni traccia che possa portarci da loro, uno zaino, un cartone, qualsiasi cosa – spiega Gabriele –, ma il nostro compito non si limita solo alla consegna del pasto caldo, queste persone, i cosiddetti “invisibili”, hanno bisogno di essere reintegrate nella società perché adesso sono ai margini. In alcuni casi è gente che ha perso il lavoro, che ha trascorsi di droga, di prostituzione, gente che arriva da lontano. Noi come associazione – continua – diamo anche la possibilità a chi ne faccia richiesta di utilizzare le docce presso la nostra sede, che fa parte della diocesi, di usufruire gratuitamente del servizio parrucchieria, dello sportello legale e di prenotare visite mediche».

Il tour prosegue tra le panchine collocate a valle della stazione. Lì, diverse persone, arrivate dalla Libia, dal Ghana, dal Burkina Faso a bordo di barconi, dormono in loculi adibiti a letti, vivono in condizioni limite servendosi di cucine di fortuna e bagni che somigliano più a fogne a cielo aperto. Andando verso il centro storico, invece, incontriamo Nello: lui è di origine polacca e la sua casa è un’ambulanza dismessa che gli fu regalata da padre Fedele. Tra tutti lui almeno può “vantare” un tetto sopra la testa. Ma le goccioline di vapore che si concentrano sul soffitto di notte si trasformano in una pioggerella che non lo lascia dormire.

Poi ci sono coloro che, già in situazioni precarie, sono stati ancora più colpiti dalla crisi del Covid: Arturo, anch’egli polacco, faceva il cameriere in Sardegna ma adesso non può più lavorare e ha fatto richiesta per ottenere il Reddito di cittadinanza. In un edificio abusivo del centro storico, poi, vivono Francesco e Konstantin: anche loro hanno perso il lavoro a causa della pandemia. Nel centro di Cosenza c’è Francesca, da tutti nota come la “gattara”: «Nelle notti in cui abbiamo toccato i -0 gradi per fortuna avevo con me il brandy», confessa. Infine a Rende ci aspetta Agostino: «Loro mi aiutano è vero, ma si deve pur mangiare anche negli altri sei giorni della settimana».

IL PIANO DI ZONA FANTASMA

«Com’è possibile che le istituzioni del territorio, a parte il Reddito di cittadinanza e altri interventi momentanei, non riescano a trovare una soluzione concreta per queste persone? Che non riescano a restituire loro la dignità?», si chiede Francesco. Già perché finora è mancato un intervento organico per arginare l’emergenza sociale deflagrante. Il lavoro dei volontari è sì fondamentale ma da solo non basta. Il Comune, ad esempio – capofila dell’Ambito territoriale che raggruppa anche i Comuni delle Serre e della Presila – deve ancora elaborare il Piano di zona propedeutico all’individuazione dei bisogni e alla programmazione delle risorse. Nei giorni scorsi anche il collettivo Cosenza Solidale è intervenuto sul tema: «Se l’iter non viene avviato il pericolo è che l’Ambito territoriale sia commissariato e che senza un’indagine sui bisogni rilevati non si potrà avere la contezza reale della somma da richiedere. Ritardi inammissibili che rischiano di gravare sulle fasce sociali più disagiate».

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