Il dirigente sanitaria dello Spoke di Cetraro-Paola Vincenzo Cesareo
4 minuti per la letturaCATANZARO – Decide di affidarsi a Facebook Vincenzo Cesareo, il direttore sanitario dello Spoke Ospedaliero di Cetraro-Paola, indagato dalla Procura della Repubblica di Paola con l’accusa di avere somministrato indebitamente il vaccino anti Covid a suoi amici oltre che di altri presunti episodi di abuso d’ufficio (LEGGI LA NOTIZIA).
«Molti amici – scrive sul proprio profilo – mi stanno manifestando la propria solidarietà in questo momento e li ringrazio di cuore. Nella vita si cade, ma importante è rialzarsi… ed io mi rialzerò, dimostrando che non merito tutto questo fango».
Il dirigente sanitario poi fa riferimento alla giustizia tanto degli uomini quanto divina manifestando, a suo dire, una coscienza pulita e sostenendo che «la giustizia degli uomini è lenta, ma prima o poi deve arrivare. La giustizia Divina, invece, sentenzia per quanto si è fatto nella vita, per cui non posso temerla. Grazie».
A distanza di alcune ore, poi, Cesareo ha deciso di approfondire la propria difesa attraverso i social ed ha precisato: «Non intendo dare giustificazioni, ma solo salvaguardare la mia dignità professionale che, al momento, mi interessa ancor di più di quella personale».
In particolare, il dirigente, dopo aver denunciato che «la campagna mediatica di fango su di me prosegue a ritmo serrato ed è in iniziata, guarda un po’, ancor prima che bussassero alla mia porta i NAS ieri mattina intorno alle 7.10 per le perquisizioni ed i sequestri ordinati dal giudice (telefono cellulare, una scatola semi vuota di cardioaspirina ed una scatola di anti diarroico con poche compresse dentro)» va a tirare in ballo direttamente le ipotesi di reato che gli vengono contestate.
«Tra le accuse rivoltemi – scrive il ds Cesareo – ci sarebbe il fatto che avrei fatto fare il tampone molecolare a parenti ed amici come risulta da una intercettazione nella quale avrei detto “tampono anche i gatti”», in relazione a questa dichiarazione il medico chiarisce che «significava, semplicemente, che il tampone andava fatto a tutti per poter garantire la tracciabilità e contenere il virus. Comunque nella vaga ipotesi di accusa non si evince quali sarebbero questi parenti ed amici, e che avrei fatto tamponare una intera squadra di calcio di Fuscaldo dove si erano verificate delle positività, per cui era necessario procedere ai tamponi anche di parenti ed amici dei calciatori e dei dirigenti da parte del dipartimento di prevenzione dell’ASP di Cosenza».
Per Cesareo «il non aver eseguito i tamponi di massa ci ha portato allo stato di oggi».
Inoltre, «mi si contesta ancora che avrei fatto vaccinare parenti, tra i quali mia madre, ed amici nel numero di 4 persone. Intanto mia madre non è stata vaccinata, per cui è chiaramente un falso, vero è che ne ho vaccinati due extra, che si trovavano nell’ospedale dove erano rimaste delle siringhe pronte per vaccino che se non le avessi utilizzate sarebbero andate buttate».
Quindi il direttore sanitario dello Spoke di Cetraro-Paola sostiene: «Sarei colpevole di non aver buttato i vaccini. A tale proposito è fresca la notizia di indagini nel Nord del Paese per lo spreco dei vaccini non utilizzati».
Proprio sotto questo aspetto il medico attacca in generale l’amministrazione della giustizia in Italia ma anche il commissario per la Sanità Calabrese: «Ma in Italia c’è mai stata univocità di interventi della magistratura? E – scrive ancora – dove era il cosiddetto piano delle vaccinazioni del Commissario della salute della Calabria che è stato pubblicato solo ieri? Ho più volte ripetuto ai miei collaboratori nei giorni trascorsi che non avrei permesso lo spreco di 1 solo vaccino, visto che prima o poi, speriamo il più presto possibile, si deve attuare la vaccinazione di massa».
Rispetto alle intercettazioni, poi, Cesareo precisa che «dalle cosiddette intercettazioni ambientali risulterebbe che non avrei partecipato a riunioni per l’attivazione del reparto Covid-19. Ricordo a tali signori che il primo paziente covid positivo è stato trattato proprio a Cetraro e che il 1 reparto covid è stato attivato proprio a Cetraro e guarda caso da me contro tutti e tutto e grazie alla determinazione del dr. Zuccatelli commissario p.t dell’ASP di Cosenza e che con grande determinazione mi sono battuto perché lo stesso reparto non venisse chiuso nel giugno scorso, ma ho perso la battaglia. La ripresa della pandemia ha richiesto la riapertura della Pneumologia covid dedicata aumentando addirittura i posti letto che da 6 sono diventati 21, non è stato semplice, anzi molto travagliato, ma alla fine il 14 novembre ha accolto i primi pazienti covid che dovevano essere quelli a bassa carica virale ma che di fatto erano pazienti gravi», aggiungendo che «questa volta ancora tra mille polemiche, il reparto è stato attivato da me».
E rispetto all’accusa di non aver partecipato ad una riunione legata sempre all’attivazione del reparto Covid, Cesareo precisa «in verità a me le riunioni inutili non sono mai piaciute, perché perdita di tempo, sono abituato ad agire, ho la cultura e la determinazione del fare. Ma se c’è un dato incontrovertibile è quello che i reparti covid dedicati a Cetraro li ho attivati io! Non avendo ancora avuto modo di valutare gli atti dei quali il PM si è avvalso per agire nei miei confronti e verso i quali ho dato mandato ai miei avvocati per opporsi, mi riservo di riprendere altre considerazioni. E non dubitate che le esporrò perché dovrà pure emergere, prima o poi, perché i fatti da me denunciati in modo circostanziato a riguardo delle gestioni della salute ancora giacciono chissà dove e che per questo motivo ho rappresentato i fatti alla Procura di Salerno».
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