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CASTROVILLARI (COSENZA) – I finanzieri del Comando provinciale di Cosenza hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare personale nei confronti di 40 persone, accusate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata a turbare appalti pubblici ed altri reati contro la pubblica amministrazione.
Nell’ambito dell’inchiesta, coordinata dal procuratore della Repubblica di Castrovillari, Eugenio Facciolla, i finanzieri stanno anche procedendo al sequestro di 11 tra società ed imprese riconducibili ai promotori e agli organizzatori dell’associazione a delinquere dedita alla manipolazione degli appalti pubblici, per un valore pari a circa 9 milioni di euro. Tra gli arrestati, secondo quanto si è appreso, vi sarebbero anche dipendenti pubblici, in particolare del Comune di Corigliano Calabro, e imprenditori che operano nella Sibaritide.
Nel dettaglio si tratta di 23 arresti, 5 in carcere e 18 ai domiciliari, quelli eseguiti nell’ambito dell’operazione denominata “Accordo Comune”. Altre dieci persone sono state raggiunte da ordinanza di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre sette, tutti funzionari dell’apparato amministrativo del comune di Corigliano Calabro, sono stati sospesi dal servizio.
In particolare, gli indagati dovranno rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, frode nelle pubbliche forniture, falso ideologico, abuso d’ufficio e corruzione.
Le indagini, durate circa un anno e 6 mesi, hanno consentito di ricostruire le dinamiche relative alla gestione degli appalti pubblici in particolare nel Comune di Corigliano Calabro delineando l’esistenza di un vero e proprio centro di potere criminale costituito da un “cartello” di società ed imprese che condizionavano le procedure di gara di aggiudicazione ed esecuzione beneficiavano dell’atteggiamento compiacente e colluso di pubblici funzionari.
Le indagini svolte dai militari della Guardia di Finanza della Sibaritide hanno evidenziato la presenza di una associazione a delinquere tra imprenditori finalizzata a turbare sistematicamente le gare indette dalle varie stazioni appaltanti. Un vero e proprio cartello di ditte e società che, una volta indetta una gara d’appalto, presentavano molteplici offerte diversificando il ribasso entro una forbice di valori concordata, tale da garantire il massimo delle possibilità di vincita in danno degli altri concorrenti. Una volta aggiudicata la gara, l’esecuzione dei lavori veniva affidata alle imprese del cartello attraverso subappalti non autorizzati mentre l’impresa aggiudicatrice, a prescindere dalla esecuzione diretta dei lavori, riceveva il 5% del valore dell’appalto aggiudicato mediante falsi servizi o scambi di beni e quindi false fatture.
Secondo quanto appurato dalla Finanza e dalla Procura, «la documentazione relativa alla partecipazione delle ditte appartenenti al “cartello” veniva predisposta da un unico centro decisionale, appositamente creato dagli imprenditori proprio con la funzione di raccordo e coordinamento. I pubblici funzionari omettevano sistematicamente la vigilanza ed il controllo sulle procedure di aggiudicazione ed esecuzione ed intervenivano nell’avvalorare varianti illegittime e false perizie. In particolare, omettevano la verifica della legittima cessione e la presenza dei requisiti di qualificazione e di ordine tecnico organizzativo nei casi di sub-appalto dell’esecuzione delle opere; la segnalazione delle irregolarità ai rispettivi uffici e responsabili dei procedimenti; la veridicità delle dichiarazioni delle auto certificazioni presentate e più in generale di svolgere le attività di competenza dei propri uffici».
Le persone coinvolte, secondo l’indagine, avevano «concertato affidamenti diretti illegittimi, violazioni ai principi di rotazione e trasparenza, fino ad arrivare ad escludere partecipanti alle gare evidenziando violazioni formali nella presentazione delle domande. In alcuni casi gli stessi funzionari proponevano e consentivano l’introduzione di nuovi lavori con la previsione di nuovi prezzi delle forniture dei servizi approvando, senza averne la competenza, varianti ai lavori aggiudicati modificando sostanzialmente il bando di gara. L’omesso controllo e l’illegittima autorizzazione di varianti progettuali, la falsa attestazione della continuità del cantiere e quindi dei lavori, le false o compiacenti perizie, determinavano l’incremento dei costi delle opere pubbliche, realizzate, in alcuni casi, con materiali differenti e più economici rispetto a quelli previsti dal capitolato di appalto».
Una condotta che «si realizzava, tra gli altri, attraverso il concordato aumento del prezzo degli arredi urbani fino ad arrivare ad oltre cinque volte il reale valore».
Complessivamente, comunque, sono 55 i soggetti indagati tra cui, come detto, 5 imprenditori, nucleo costituivo e organizzativo dell’associazione a delinquere, agli arresti in carcere. Arresti domiciliari per ulteriori 18 tra imprenditori e pubblici funzionari, tra cui anche un ex assessore ai lavori pubblici. Nei confronti di 10 tra imprenditori e pubblici dipendenti è stata disposta la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre nei riguardi di 7 pubblici funzionari è stata disposta la sospensione dal pubblico servizio.
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