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Denis Bergamini

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Bergamini sarebbe morto intorno alle 7-7.30 di sera, ma l’inizio del mistero può essere fatto risalire, convenzionalmente, a tre ore prima.

Fino alle 16-16,30, infatti, l’atleta si trova nel cinema “Garden” di Rende insieme ai suoi compagni di squadra. Sono già seduti in sala quando qualcuno lo sente chiedere informazioni sull’ubicazione del bagno.

È il prologo alla sua sparizione: lo rivedranno sull’asfalto di Roseto ormai cadavere. In seguito, il calciatore Sergio Galeazzi riferirà allo scrittore Carlo Petrini – ex calciatore e autore del libro “Il calciatore suicidato” (ed. Kaos, 2000) – di aver notato la presenza di «due ombre» che attendevano Donato all’esterno del cinema e che lo avrebbero seguito o accompagnato nella fuga. Non si sarebbe trattato, insomma, di un allontamento volontario, bensì di un rapimento. Al cospetto degli investigatori Galeazzi non conferma la circostanza che, peraltro, verrà esclusa da due testimoni.

Nella hall del cinema, infatti, c’è qualcun altro che osserva la scena e, quasi trent’anni dopo, ricorda tutto alla perfezione. È l’attuale proprietario del “Garden”, all’epoca gestito dai suoi genitori. A suo dire, quel giorno Bergamini esce due volte dalla galleria del cinematografo. «Mia madre era seduta alla cassa e di fianco c’era un telefono a gettoni. L’ho visto fare una chiamata di uno o due minuti, poi è rientrato». Poco dopo, intorno alle 16, lo vede allontanarsi di nuovo, stavolta per sempre; da solo e senza ombre al seguito.

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«In precedenza, invece, era arrivato Luigi Simoni, l’allenatore. Ha lasciato l’auto in doppia fila, è entrato in sala per controllare che i calciatori fossero presenti e poi è andato via». Va da sé che qualora Simoni fosse rimasto lì, forse, Denis non avrebbe potuto dirigersi verso il proprio destino; ma a chi ha telefonato prima di dileguarsi? La testimonianza resa all’epoca dalla Internò sembra chiarire questo aspetto.

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La ragazza sostiene di essere stata contattata dal suo ex – «Non lo sentivo da tre mesi» – mentre sta per recarsi dal parrucchiere con la madre, ma cambia programma dopo che il calciatore le annuncia il suo arrivo. Anche Luigi Fiorito, la maschera del cinema, vede Bergamini allontanarsi in tutta fretta e lo canzona con un «Dove vai? Che il mister si arrabbia». «Torno subito» è la risposta del calciatore, che invece non tornerà mai più indietro. «Era in compagnia di una bella ragazza e sono andati via su un’auto scura con altri uomini».

A rimescolare le carte, c’è pure questa dichiarazione che dà smalto alla tesi del rapimento. È quella del parcheggiatore del “Garden”, sentito dagli inquirenti nel 2010 ma con un’avvertenza dei medici curanti: l’uomo è affetto da Alzheimer, il che rende i suoi ricordi “borderline”. A chiarire la faccenda, allora, avrebbero potuto essere quei bambini che, nel racconto di Isabella, «giocavano a pallone in cortile» e che all’arrivo di Denis sotto casa della ragazza, hanno riconosciuto il calciatore festeggiandolo a dovere. Nemmeno uno di quei bimbi, ormai adulti, è stato identificato dagli investigatori.

Tuttavia, che le cose siano andate davvero così e non come sostiene il parcheggiatore, sembra trovare riscontro quando, tra le 17 e le 17,30, la Maserati bianca con a bordo i due giovani viene fermata a Roseto a un posto di blocco dei carabinieri. Uno di questi è il brigadiere Francesco Barbuscio, lo stesso che un paio d’ore dopo andrà a recuperare Isabella nel bar di Mario Infantino, pochi km più a nord. Isabella si è recata lì per telefonare a sua madre, al calciatore Francesco Marino e al mister Gigi Simoni e informarli della tragedia appena consumata. Il barista, che carpisce brandelli di quelle conversazioni, la sente mentre chiede al compagno di squadra di Denis: «Ma ti aveva detto qualcosa?».

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