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La decisione del Tar del Lazio smorza ogni polemica: lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio comunale di Rende è da considerarsi legittimo, respinti i ricorsi di ex sindaco e maggioranza


RENDE (COSENZA) – Lo scioglimento del Consiglio comunale di Rende per infiltrazioni mafiose è legittimo. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto i due ricorsi dell’ex sindaco di Rende Marcello Manna e degli ex amministratori di Rende.

Secondo i giudici amministrativi «emerge con manifesta chiarezza l’infondatezza delle argomentazioni spese nel ricorso, atteso che le circostanze considerate nella proposta ministeriale risultano ampiamente supportate dall’istruttoria amministrativa compiuta» e che «la successiva valutazione delle stesse appare essere avvenuta in maniera logica e coerente, atteso che il complesso di relazioni personali, la generale mala gestio della cosa pubblica dimostrano in maniera chiara ed univoca la sussistenza dei requisiti di legge per lo scioglimento dell’ente locale».

SCIOGLIMENTO CONSIGLIO COMUNALE DI RENDE, LE CONFERME DEL TAR LAZIO

Il Tar certifica quindi i presupposti che hanno portato allo scioglimento e al consequenziale commissariamento del Comune di Rende. Il decreto di scioglimento del Presidente della Repubblica del 28 giugno del 2023 sancì, de facto, la fine dell’amministrazione comunale guidata da Marcello Manna. Il Viminale dispose quindi la gestione straordinaria dell’Ente per diciotto mesi con la nomina della commissione prefettizia composta da Santi Giuffrè, Rosa Correale e Michele Albertini.

Lo scorso autunno però i commissari hanno richiesto e ottenuto la proroga per altri sei mesi. Ricordiamo che la commissione d’accesso si insediò nel Municipio di via Rossini nelle settimane successive al blitz “Reset” scattato all’alba del 1° settembre del 2022 e condotto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che coinvolse, tra gli altri, l’ex sindaco Marcello Manna e l’ex assessore ai Lavori pubblici Pino Munno.

LE MISURE CAUTELARI PER SINDACO E AMMINISTRATORE NELL’INCHIESTA MALARINTHA

Nel novembre dello stesso anno scattarono una serie di misure cautelari per lo stesso Manna e altri amministratori anche nell’ambito dell’inchiesta “Malarintha” sulle presunte irregolarità nei lavori pubblici coordinata dalla Procura di Cosenza. Nei mesi scorsi nel relativo processo una raffica di assoluzioni ha però smontato il quadro accusatorio. Il Tar, evidenzia in via preliminare «stante l’ampiezza della discrezionalità amministrativa, è limitato ai casi macroscopici di eccesso di potere, quali il travisamento di fatto, il difetto dei presupposti ovvero la patente illogicità» e puntualizza che «le dichiarazioni raccolte dalla Commissione d’accesso appaiono esser state prudentemente apprezzate dalla Prefettura e dal ministro dell’Interno».

Affrontando poi il tema dei procedimenti penali a carico degli amministratori locali, il Tar ha osservato come «gli esponenti (sostanzialmente) si limitino a rappresentare gli esiti degli stessi (pienamente favorevoli per gli imputati), sostenendo che tale circostanza determini un vizio d’istruttoria. Tale tesi, tuttavia, non convince», giacché «contrariamente alla tesi difensiva, la struttura ministeriale non ha semplicemente recepito le conclusioni delle indagini penali, anzi – come evidenziato nella proposta ministeriale – ha impiegato tali dati come momento di partenza per i differenti accertamenti della commissione d’accesso». Elementi che per i giudici amministrativi materializzano l’infondatezza della tesi dei ricorsi.

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