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Franco La Rupa

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AMANTEA (COSENZA) – Il Procuratore generale della Corte di appello di Catanzaro ha impugnato in cassazione il decreto con cui il Tribunale aveva applicato nei confronti dell’ex sindaco e consigliere regionale Franco La Rupa la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, mentre aveva respinto la richiesta di confisca. L’impugnazione riguardava specificatamente il rigetto della confisca, la suprema Corte ha dato torto al Procuratore generale, lasciando tutto inalterato.

Nel suo ricorso il Procuratore generale ha proposto un unico motivo, con il quale contesta il decreto impugnato nella parte in cui sostiene che la diaria mensile e il rimborso spese percepiti dal proposto come consigliere regionale non rientrino nel concetto di reddito e si duole del fatto che la Corte di appello non spieghi in che misura le somme percepite, a tale titolo, negli anni 2005-2010 incidano sul quadro reddituale maturato tra il 1997 e il 2017 e come tali somme possano giustificare l’acquisto dei beni di cui si domanda la confisca.

In secondo luogo la Procura generale insiste sul fatto che vi sono indizi della provenienza delittuosa delle seguenti somme di denaro: euro 33.691,00, quale ingiusto profitto del reato di abuso di ufficio contestato nell’ambito del processo penale del 2017 pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro; euro 150.696,06 per la vendita di olio di oliva biologico ed euro 114.244,91 quale contributo ottenuto dalla Regione Calabria, trattandosi di profitto del reato di truffa aggravata e autoriciclaggio, contestati a La Rupa nell’ambito del processo penale del 2018, pendente dinanzi al Tribunale di Paola.

Per tale ragione non si potrebbe ricondurre questi importi tra le entrare lecite di La Rupa, come invece ha fatto il giudice di merito. Secondo la Cassazione, però, il ricorso è inammissibile. Il Pubblico ministero, intanto, impugna il rigetto della richiesta della misura di prevenzione della confisca – premette la Cassazione – che rappresenta l’esito di una doppia pronuncia sfavorevole.

I due motivi di ricorso – «neppure riconducibili, al di là della loro enunciazione, a una violazione di legge – costituiscono la esatta riproduzione dei medesimi motivi di gravame, sui quali l’Appello ha fornito ampia e congrua risposta. L’apparato motivazione costituito dagli argomenti del decreto di primo e di secondo grado che si saldano insieme, non può dirsi inesistente o apparente, come risulta dal tenore stesso del ricorso che contesta la bontà dei motivi che sostengono la decisione così dimostrando come la motivazione sia certamente esistente, pur non condivisa».

Sia il Tribunale sia la Corte di appello hanno già evidenziato che le somme conseguite da La Rupa non erano soggette a rendicontazione o a vincolo di destinazione.  

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