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Il tribunale di Cosenza

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PAOLA (COSENZA) – La Procura della Repubblica di Cosenza ha citato direttamente a giudizio due presunte truffatrici paolane, di 32 e 34 anni, accusate d’aver conseguito un indebito profitto da un maxi raggiro ordito ai danni di ben 56 persone, tutte residenti tra Paola e Comuni limitrofi, a cui erano state promesse assunzioni a tempo indeterminato come guardia giurata particolare.

Contratti di lavoro che sarebbero stati fatti firmare solo dopo la obbligatoria partecipazione a un corso (“fantasma”, ndr) finanziato dalla Regione Calabria, la cui quota di partecipazione ammontava a 375,00 euro a testa. Una delle due donne, considerata la “mente” della presunta truffa, rivestirebbe il ruolo – si legge negli atti – di “ufficiale giudiziario presso la Procura della Repubblica di Cosenza”.

La notizia del presunto “pacco” era stata trattata in esclusiva dal Quotidiano del Sud, alcuni anni addietro, in quanto, una volta scoperto il “giochetto”, decine di persone, destinatarie della classica “sola”, si erano recate sotto la Caserma dei Carabinieri ed anche sotto il Commissariato di Pubblica sicurezza di Paola per attirare l’attenzione delle Istituzioni sul raggiro subito. Poi ci si era formalizzati con querele ed erano partite le indagini, trasferite per competenza alla Procura di Cosenza perché il conto corrente intestato alla indagata principale era stato acceso in un istituto di credito di quel territorio.

Le due donne, in concorso tra loro, con artifizi e raggiri – secondo la tesi del sostituto procuratore della Repubblica Giuseppe Francesco Cozzolino, si sarebbero presentate inizialmente a tre vittime come incaricate dell’associazione “Guardie riunite d’Italia” – la “mente” del raggiro anche nella sua qualità di “ufficiale giudiziario presso la Procura della Repubblica di Cosenza” – “prospettando agli stessi l’opportunità di un impiego lavorativo a tempo indeterminato, quali guardie giurate particolari – si legge negli atti – nel caso avessero espletato un corso di formazione oggetto di finanziamento regionale, il cui costo di partecipazione pro capite ammontava a euro 375,00, circostanze risultate completamente false”, come accertato dalla Procura di Cosenza.

Le due imputate, così facendo, “inducevano in errore le persone offese sulla serietà e veridicità dell’iniziativa”, “facendosi consegnare la somma richiesta, conseguendo così un ingiusto profitto”. I fatti si sono verificati a Paola tra ottobre 2019 ed il mese di febbraio 2020. La “mente” della truffa, la donna di 32 anni, è anche accusata di simulazione di reato in quanto, sempre secondo la Procura della Repubblica, il 10 febbraio del 2020, “denunciava falsamente presso la stazione dei Carabinieri di Cosenza Nord che tale Anna Cristina Serranò (nome risultato di fantasia), nel mese di settembre 2019, le aveva promesso un impiego lavorativo presso la Regione Calabria, consistito nel procacciare soggetti interessati a partecipare ad alcuni corsi di formazione che l’Ente regionale, stava per organizzare, facendosi consegnare la somma di euro 375,00 quale costo per l’instaurazione rapporto lavorativo”.

Secondo quanto esposto nella querela di parte, il corso di formazione si sarebbe dovuto tenere all’hotel Marconi di Rende per cinque giorni – all’epoca il Quotidiano del Sud documentò con foto e audio la ressa registrata il primo giorno del corso, allorquando i partecipanti constatarono che i relatori illustri non esistevano e l’intera vicenda era tutta una “presa in giro” – ed allo stesso avrebbero dovuto partecipare una sessantina di persone, adesioni raccolte grazie al “passa parola”. Ed in effetti le parti offese sono circa 60. Le due indagate, oggi imputate, sono state rinviate direttamente a giudizio dalla Procura.

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