Bruno Carpeggiani
3 minuti per la letturaCOSENZA – «Non ho mai capito perché abbia rifiutato quell’offerta». Bruno Carpeggiani, storico procuratore dei calciatori, è il testimone del giorno convocato sulla scena del processo Bergamini.
È lui l’uomo al quale, nell’estate del 1989, il centrocampista ventisettenne in forza al Cosenza affida la propria carriera, chiedendogli di rappresentarlo al calciomercato di Milanofiori. Quello del procuratore è un mestiere all’epoca “in fase embrionale” e Carpeggiani ha il compito di trovare una squadra a Denis che, in quei giorni, ha il contratto in scadenza e sembra ormai destinato a lasciare la Calabria.
«Era con me a Milano, ma poi ha preferito tornarsene a casa lasciandomi un contratto in bianco già firmato. Andava solo compilato e, due giorni prima della fine del mercato, arrivò l’offerta del Parma».
A proporsi è l’allora direttore sportivo della squadra emiliana, Gianbattista Pastorello che, insieme all’allenatore Nevio Scala, sta ponendo le basi per la costruzione di un piccolo miracolo sportivo. Nel suo mirino c’è proprio Bergamini. Lo vuole a tutti i costi, parla al telefono con lui, ottiene il suo via libera e poi parla con il suo procuratore per mettere tutto nero su bianco.
Una formalità, almeno in apparenza.
Sollecitato dalle domande del pm Luca Primicerio, Carpeggiani torna con la mente a quelle ore concitate. E a quell’epilogo rocambolesco e inatteso.
«Accadde che, dopo aver parlato con Pastorello, tornai nella mia camera a prendere il contratto e trovai nei paraggi i dirigenti del Cosenza. Avevo detto io a Bergamini di avvertirli, per correttezza, della decisione di cambiare squadra».
E Denis in effetti fece quella telefonata, e subito dopo cambiò idea. «Quando lo contattai mi comunicò la sua decisione che era quella di restare a Cosenza, dal momento che la società aveva pareggiato l’offerta del Parma».
Si trattava di un biennale con un ingaggio da centocinquanta milioni di lire che, nel 1991 sarebbe lievitato a centonovantadue milioni. Il Parma, in realtà, gli offriva tre anni di contratto, ma tant’è: «Adesso però lo dici tu a Pastorello, gli dissi. E difatti ricordo che quest’ultimo ci restò male». Bergamini, dunque, rinuncia a un contratto che Carpeggiani definisce “molto remunerativo” e che gli offre la possibilità – lui, ferrarese d’origine – di andare a giocare a due passi da casa in una squadra che sogna in grande. Perché? «Non l’ho mai capito – ribadisce Carpeggiani – con me affrontò l’aspetto economico della vicenda, dell’aspetto tecnico ne parlò con Pastorello. Ma ripeto: lui era convinto, aveva accettato l’offerta. Poi a me non parlava mai di fatti relativi alla sua vita privata».
La verità su questa vicenda avrebbe potuto svelarla Pastorello (LEGGI l’articolo all’ex ds del Parma), ma per ragioni imperscrutabili non è fra i testimoni del processo. In sede giudiziaria, dunque, non restano che i dubbi di Carpeggiani, ancora insoluti trentatrè anni dopo.
«Era uno dei migliori centrocampisti della serie B – ha concluso l’ex procuratore – Per l’anno successivo si parlava di arrivare in serie A, ma offerte di quel tipo comunque non ne erano ancora arrivate».
Dopo di lui, sul banco dei testimoni ha preso posto il dottor Enrico Costabile che dal 1984 riveste il ruolo di medico sociale del Cosenza. Sotto le sue mani fatate è finito anche Denis, in particolare dopo l’infortunio patito a gennaio del 1989 che lo tenne fuori gioco per circa tre mesi. «Un brutto trauma distorsivo alla caviglia, da torsione, lo affidammo a una delle migliori cliniche specialistiche dell’epoca, a Pavia, dove fu curato senza ricorrere a intervento chirurgico».
Prossima udienza l’otto aprile.
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