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La certificazione di un medico

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PAOLA (COSENZA) – Un militare dell’Arma originario di San Lucido e in servizio nella provincia di Reggio Calabria, unitamente ad un medico operativo sul litorale tirrenico, sono finiti nei guai per una serie di certificati falsi, esibiti dal militare al Comando di appartenenza.

All’appuntato dell’Arma, F.C., oggi 57enne, sono ascritti i reati di simulazione di infermità continuata, in relazione alla presentazione al reparto di appartenenza, negli anni 2013 e 2014, di certificazioni mediche attestanti patologie inesistenti ovvero prognosi di guarigione eccessive e di truffa continuata, avendo, con la presentazione dei certificati medici, conseguito la retribuzione pur in periodi di assenza, in realtà ingiustificata, dal servizio.

Il carabiniere è stato condannato dal Tribunale militare di Napoli ed anche il medico che lo avrebbe favorito, V.D., è finito sottoposto a giudizio in un’aula di Tribunale.

L’appuntato è stato condannato, in primo grado, il 16 maggio 2018 dal Tribunale militare di Napoli. E’ stato ritenuto colpevole dei reati ascritti con riferimento a dodici certificati medici, e ai relativi periodi di assenza dal servizio, dal maggio 2013 fino al maggio dell’anno successivo.

Il militare dell’Arma, in particolare, è stato condannato alla pena di 7 mesi e 12 giorni di reclusione militare, con i benefici di legge, mentre lo stesso imputato è stato assolto dai reati a lui ascritti con riguardo a residui certificati medici, e relativi periodi di assenza dal servizio, perché il fatto non sussiste.

Con sentenza in data 9 febbraio 2021, inoltre, la Corte militare di appello ha confermato la sentenza di primo grado. Ed anche la Cassazione, adita dal condannato per il tramite del suo legale di fiducia, si è pronunciata negativamente, dichiarando la inammissibilità del ricorso di F.C. e condannando il medesimo ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, anche al versamento di una somma a favore della cassa delle ammende, determinata equamente in euro 3mila.

E’ il caso di sottolineare, che a fronte delle sentenze di merito che, concordemente, hanno fondato il giudizio di colpevolezza sul rilievo della oggettiva incompatibilità tra la prognosi di guarigione in un determinato arco temporale e la condotta tenuta dall’imputato nel medesimo periodo, durante il quale si era recato nel Lazio e in Toscana, la difesa ha riproposto argomenti inerenti la diagnosi della patologia e la valutazione delle testimonianze rilevanti su un punto estraneo al giudizio di colpevolezza».

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