Sonia Lattari e Giuseppe Servidio
3 minuti per la letturaFAGNANO CASTELLO (COSENZA) – Si é avvalso della facoltà di non rispondere, nel corso dell’interrogatorio cui é stato sottoposto dal magistrato di turno della Procura della Repubblica di Cosenza, Giuseppe Servidio, il cinquantaduenne che ieri a Fagnano Castello ha ucciso a coltellate, al culmine di una lite, la moglie, Sonia Lattari, di 42 anni.
Servidio, difeso dall’avvocato William Quintieri, a conclusione dell’interrogatorio è stato portato nel carcere di Cosenza.
E’ stato lo stesso Servidio a telefonare ai carabinieri per avvertirli che aveva ucciso la moglie. I militari, giunti sul posto, avevano bloccato l’uomo nei pressi dell’abitazione in cui era avvenuto l’uxoricidio. L’ha uccisa con diverse coltellate che l’hanno raggiunta all’addome, non sappiamo ancora quante con precisione, ma il sangue della vittima presente copioso in cucina e nelle scale della palazzina sembra rimandare a una vera e propria lotta che ha fatto da prologo all’omicidio. L’assassino ne portava addosso i segni: una maglietta sporca di sangue e una ferita in viso che, probabilmente, rappresenta l’eredità di Sonia. Il suo tentativo estremo di difesa. È stato proprio lui, ultimata l’opera, ad avvertire i carabinieri con una telefonata, quando però l’intero rione aveva già udito le urla disperate della donna provenire dall’abitazione, colonna sonora del dramma in corso.
Nel momento dell’uccisione di Sonia Lattari i due figli della coppia non erano in casa.
I rapporti tra Servidio e la moglie, secondo quanto é emerso dalle indagini, erano da tempo difficili. Pare che le liti coniugali andassero avanti già da un po’ di tempo. Un’altra si era verificata lo scorso marzo, ed era culminata in alcuni schiaffi che Sonia aveva incassato in silenzio, senza denunciare l’accaduto. «Non si comportava bene» avrebbe detto ai carabinieri per giustificare l’ingiustificabile, epitaffio immeritato per la donna che ha condiviso con lui una parte significativa della sua breve permanenza terrena. Amici e conoscenti lo chiamano il “corsicano” in omaggio alla città di Ajaccio che gli ha dato i natali 52 anni fa. Conviveva da diverso tempo con la vittima che gli aveva dato anche due figli entrambi maggiorenni. Nessuno di loro ha assistito all’uccisione della mamma dal momento che non si trovavano in casa mentre l’altro genitore superava il proprio punto di non ritorno. Nessuna ombra nel passato di Giuseppe e Sonia, persone schive ma benvolute nella piccola comunità fagnanese, entrambi pressoché sconosciuti alla legge e ai servizi sociali del posto.
Il corsicano era considerato dai più come un soggetto un po’ “bizzarro”, grande appassionato di auto d’epoca – proprietario di una Renault 4 di colore rosso che teneva sempre lucida e in gran spolvero – ed era prassi ormai consolidata trovarlo seduto al bar in piazza, alla domenica mattina, a bere una birra in compagnia di altri avventori. Un uomo pacifico, potenzialmente l’ultimo al quale associare esplosioni di violenza come questa.
E invece è accaduto. I pochi che lo hanno avvistato prima che venisse dichiarato in stato di fermo, lo descrivono all’apparenza tranquillo e non in preda allo shock emotivo che la situazione avrebbe invece richiesto. Evidentemente, non ha ancora realizzato l’orrore di cui si è appena macchiato.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA