Il pm della Procura di Paola Pierpaolo Bruni
1 minuto per la letturaTORTORA (COSENZA) – La presunta “talpa” e i suoi complici sono al momento salvi: la Procura non potrà risalire – allo stato – alla identità degli “infedeli” per via del dissequestro-lampo del corpo del reato che avrebbe potuto consentire l’allargamento dell’inchiesta di “colletti bianchi” nell’Alto tirreno cosentino.
Il Tribunale del Riesame di Cosenza ha infatti restituito all’indagato il telefono cellulare sequestrato dalla Procura della Repubblica di Paola nell’ambito della indagine penale a carico di due persone per le ipotesi di reato di turbata libertà degli incanti e induzione indebita a dare o promettere utilità al comune di Tortora.
Su quello stesso telefono, in uso al segretario generale dell’Ente, era infatti giunta la telefonata con cui – è il sospetto dei magistrati – qualcuno lo aveva informato della esistenza di telecamere nascoste nella sua stanza e di una microspia.
Dai video realizzati dalla Guardia di Finanza, infatti, si nota l’indagato che, appena chiusa la conversazione telefonica, inizia a cercare le micro-telecamere e la micro-spia nelle cassette elettriche, interrompendo improvvisamente ogni ulteriore conversazione telefonica.
L’indagine penale, quindi, appare ora parzialmente “bruciata”, limitatamente alla identificazione della presunta “talpa” il cui operato subdolo s’interseca pericolosamente con un’altra indagine del Procuratore capo Pierpaolo Bruni, quella sugli affari della massoneria nella Pubblica amministrazione dell’Alto tirreno cosentino.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA