La sede del Comando dei vigili del fuoco di Cosenza
2 minuti per la letturaCOSENZA – Ha passato la vita a combattere col fuoco, ora però dovrà confrontarsi con il più incendiario dei sospetti che lo riguarda in prima persona: quello di corruzione.
È l’accusa che, da alcuni giorni, pende sul capo dei pompieri di Cosenza, Massimo Cundari. Solo venerdì scorso, il suo ufficio di comandante provinciale dei vigili del fuoco è stato perquisito dai carabinieri. Computer, hard disk e documenti sono stati sequestrati. Tra questi, adesso, gli inquirenti cercano riscontro alle rivelazioni di un imprenditore, da cui il comandate avrebbe preso una bustarella. Non è dato sapere quale fosse l’oggetto dello scambio.
Solo gli accertamenti degli esperti dell’Arma potranno chiarire le tante ombre che, nelle ultime ore, hanno avvolto la caserma di viale della Repubblica. Di sicuro, dal giorno dei controlli – che peraltro sono poi continuati anche nei giorni successivi – il primo dirigente non è tornato in servizio. I dubbi, soprattutto, si concentrano sul suo operato di capo dei vigili del fuoco bruzi: i documenti che portano la sua firma, infatti, saranno tutti oggetto di attente verifiche.
La macchina investigativa è stata messa in moto dalla denuncia di un imprenditore dell’hinterland; il suo racconto è ancora tutto da verificare e, al momento, – soprattutto per il riserbo delle indagini – null’altro è possibile sapere.
L’inchiesta, sotto il coordinamento del procuratore Mario Spagnuolo, è ancora alle battute iniziali, ma già le prime verifiche hanno destato scalpore. Il blitz dei militari nel casermone del centro città non è passato inosservato, ma nessuno – almeno nelle primissime ore – avrebbe mai potuto immaginare che sotto la lente della Benemerita ci fossero proprio le azioni e i comportamenti del comandante.
Massimo Cundari è comandate provinciale di Cosenza dal 2016, dopo aver ricoperto per molti anni il ruolo di dirigente referente del Soccorso pubblico alla direzione regionale dei vigili del fuoco di Calabria. Proprio poche settimane addietro, ha ricevuto notizia del suo trasferimento a Forlì-Cesena. Non si può azzardare alcuna ipotesi su ciò che accadrà dopo l’indagine a suo carico aperta dalla Procura di Cosenza.
La sua vicenda fa il paio con quella dell’ex prefetto Paola Galeone, accusata di induzione alla corruzione per una busta da seicento euro incassata da Cinzia Falcone, che poi ha denunciato tutto. In quel caso, tuttavia, il cerchio sulla vicenda è stato chiuso in presa diretta: gli investigatori hanno microfonato l’imprenditrice e assistito allo scambio dei soldi, fermando subito dopo il prefetto all’uscita del bar.
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