X
<
>

Franco La Rupa

Share
2 minuti per la lettura

COSENZA – Dall’inferno del carcere, con la prospettiva di restarci per prossimi tre anni, andata e ritorno tutto in 24 ore. Da ieri, infatti, Franco La Rupa è tornato a essere un uomo libero. L’ex consigliere regionale condannato in via definitiva per scambio elettorale politico-mafioso, ha potuto beneficiare dell’indulto, concessione che inizialmente gli era stata negata dalla Procura generale, la stessa che con un giorno di ritardo ha accolto l’istanza del difensore del politico, l’avvocato Gregorio Barba.

E così, dopo una notte trascorsa in cella (LEGGI LA NOTIZIA DEL SUO ARRESTO), l’ex sindaco di Amantea (Cs) ha potuto fare ritorno a casa. Non sconterà la pena, ma sul suo groppone restano la condanna, ormai passata in giudicato, e soprattutto l’interdizione dai pubblici uffici che castra ogni sua eventuale tentazione di tornare alla politica attiva, almeno per i prossimi cinque anni.

Franco La Rupa, com’è noto, è stato condannato per via dell’appoggio elettorale ricevuto alle Regionali del 2005 dal clan Forastefano di Cassano allo Ionio da lui ricambiato con ingenti somme di denaro. I sospetti su di lui si aggravano durante il processo di primo grado in virtù del pentimento di Antonio Forastefano, all’epoca leader dell’omonimo gruppo criminale. Tonino detto “il diavolo”, infatti, punta il dito contro di lui, raccontando di aver ricevuto dalle sue mani una somma di denaro pari a quindicimila euro in cambio del sostegno della cosca durante la campagna elettorale nel comune della Sibaritide. Questo almeno è ciò che emerso dal processo, ma per stabilirlo sono stati necessari più di dieci anni e ben cinque gradi di giudizio.

Nel 2016, infatti, la Corte di Cassazione aveva annullato la sua precedente condanna a quattro anni di carcere, chiedendo alla Corte d’appello di rivalutare le prove a discolpa raccolte dalla difesa e ignorate dai giudici del secondo grado. La ripetizione del processo d’Appello, però, non fa registrare alcun cambiamento: le nuove prove invocate dalla difesa non vengono ammesse e al ritorno in Cassazione, il verdetto non si ribalta più. Sembrava finita, e il carcere una prospettiva ormai inevitabile. L’epilogo, però, è nel segno della clemenza. 

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE