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COSENZA – Fra gli indagati dell’operazione “Plinius” – che ha coinvolto 38 persone, tra le quali il sindaco e 5 assessori di Scalea – c’è anche il re dei supermercati A. G., che attraverso la società Gam Spa gestisce tutti i supermercati con marchio Despar o Interspar della Calabria.
G. è coindagato assieme al socio di minoranza della Gam Spa, Santino Pasquale Crisciti il quale è presente nell’indagine per un episodio di corruzione aggravato dal metodo mafioso in relazione alla domanda di rilascio di autorizzazione di apertura di medie strutture di vendita in uno stabile in via di costruzione a Scalea.
A partire dal mese di febbraio 2011, Crisciti iniziava ad avvicinare politici e tecnici comunali promettendo, in cambio del rilascio dell’autorizzazione, una somma di danaro. Dall’ordinanza emerge, infatti, che Crisciti Santino Pasquale, avendo verificato che difettavano i requisiti tecnico-amministrativi per ottenere l’autorizzazione all’apertura di cinque esercizi commerciali in una zona che il piano strutturale comunale non contemplava per tale tipo di insediamento commerciale, aveva fatto giungere la proposta di un “versamento” della somma di 50.000 euro a Galiano Francesco, assessore competente dell’epoca, tramite Antonino Amato e Giuseppe Forestieri, dipendenti comunali, coinvolti nella pratica per essere addetti all’Ufficio Tecnico.
La circostanza è narrata dallo stesso Galiano, destinatario della proposta, in una conversazione avuta con l’avvocato Nocito e successivamente da quest’ultimo al sindaco Basile. Nell’ordinanza Crisciti si dà parecchio da fare per ottenere quella licenza, ma gli amministratori sono reticenti. Non sono certo offesi per l’offerta di denaro, bensì per la sua quantità. («ma che sono 50mila euro?»). Per sistemare le cose servono più soldi. Quel nuovo centro commerciale darà grossi problemi ai piccoli negozianti della zona («non stiamo parlando di un cioccolatino»), quindi la ricompensa per il disturbo deve crescere. La richiesta per Crisciti sale a 250mila euro. Il sindaco e gli altri fanno già i conti («chi siamo in questa cosa?») e Basile racconta un altro particolare. Dice che «A. G. vuole trasferire la licenza del Freschissimo e vuole prendere in mano lui la situazione. Quindi garantisce il 5% delle assunzioni… queste cose qua».
I primi giorni di luglio 2011, il sindaco Basile e l’assessore Francesco Galiano incontravano Crisciti con il quale concordavano delle assunzioni e gli consegnavano, una lista di nominativi da assumere presso l’Interspar di via Fiume Lao. Crisciti voleva presentare all’assessore Galiano il nuovo direttore dell’esercizio commerciale cui potevano avanzare ulteriori richieste, mentre il sindaco veniva intercettato. Due giorni dopo, Crisciti telefonava a Basile perché non riusciva a parlare con Galiano e gli ricordava che doveva avere una lista di nomi che, evidentemente doveva assumere presso il supermercato («… Ascolta io ho chiamato l’assessore, ma non mi risponde! Poi quei nominativi non me li ha mandati!). Basile diceva che gliela avrebbe fatta avere in mattinata («: eh! Vedo di farteli avere io in mattinata dai!). Immediatamente dopo, Basile chiamava Galiano («vedi che quello ti sta chiamando! Vuole questi cazzo di nomi! Li dobbiamo dare a fine Agosto?!»).
In tutta questa vicenda il ruolo di G. appare marginale. In diverse conversazioni intercettate si fa riferimento a lui, si dice che nessuno può imporgli niente, ma in questa vicenda, a leggere l’ordinanza, non sembra avere un ruolo principale. Nelle carte, però, all’imprenditore sono dedicate diverse pagine in cui non solo si disegna l’organigramma della holding che fa capo alla sua famiglia, ma soprattutto si ricorda una vecchia storia. Il nome di G., infatti, compare laddove si riportano i passaggi della relazione della Commissione antimafia della quindicesima legislatura, che a G. e alla Despar aveva dedicato un capitolo scottante. «Gli inquirenti siciliani – così riassumono gli investigatori nell’ordinanza – avevano scoperto singolari collegamenti tra una rete di supermercati siciliani, adibita al riciclaggio dei soldi del capomafia Matteo Messina Denaro, e i centri di grande distribuzione della Despar di G.».
Secondo i magistrati, la mafia ai suoi livelli apicali avrebbe sfruttato l’impero economico del finanziere calabrese per «ripulire i proventi illeciti senza lasciar traccia». Un verbale che non ha prodotto alcune conseguenza penale e che suscitò la reazione furente di G. che respinse con sdegno ogni addebito.
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