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La vertenza: Next elettronica, la prima esperienza di workers buyout in Calabria rischia il fallimento. L’appello dei 16 soci lavoratori che tre anni fa hanno salvato la propria azienda


QUELLA della Next Elettronica sembrava avere tutte le premesse per diventare una bella storia di resilienza (termine abusato, ma qui appropriato). E di speranza. Perché è (era?) la storia di 16 ex lavoratori della Freelink Italia, azienda specializzata in elettronica con sede a Piano Lago, che hanno deciso di rilevare l’impresa, dopo la dichiarazione di crisi, e di tentare una strada mai percorsa in Calabria: il workers buyout. Ovvero un’operazione di salvataggio, appunto, dell’azienda, da parte dei suoi stessi dipendenti, che si riuniscono in cooperativa, investono i soldi (anticipati) della loro disoccupazione e rilevano la maggioranza delle quote dell’azienda.

Accanto a loro, soci istituzionali, Legacoop e Cfi, partecipata del ministero delle Imprese che ha lo scopo di promuovere la nascita e lo sviluppo di imprese cooperative di produzione e lavoro e di cooperative sociali. Si partiva con 16 lavoratori perché buona parte del personale – circa una settantina di addetti – era assunto dalla Freelink con contratti a chiamata, dunque escluso dalla Naspi e dall’accesso al progetto workers buyout. L’obiettivo dei soci fondatori era quello di poter, poi, riassumere tutta la forza lavoro originaria.

NEXT ELETTRONICA, DOPO TRE ANNI SI RISCHIA IL FALLIMENTO

Il modello del workers buyout è nato in Italia quasi quarant’anni fa, con la legge Marcora, ed è stato adottato da diversi altri Paesi europei. Al momento le esperienze attive in Italia sono state 332, per un totale di oltre 10mila posti di lavoro salvati. In Calabria quello della Next Elettronica è il primo caso, ma a distanza di tre anni dall’acquisizione del ramo d’azienda sembra destinato al fallimento. Una sorte amara e paradossale, perché le proposte di commessa per la Next Elettronica non sono mancate nei mesi scorsi, il punto è che la società avrebbe avuto bisogno di ulteriore liquidità per potenziare i macchinari e poter stare al passo con i volumi di produzioni richiesti.

Quando un anno fa abbiamo incontrato il presidente della cooperativa Pietro Aiuola, per chiedergli come stesse andando l’esperienza, la sua risposta fu: «Siamo un gabbiano che vola con un’ala sola». La cooperativa si trovava in una sorta di cortocircuito: per decollare avrebbe avuto bisogno del (previsto) finanziamento Marcora, ancora non ricevuto da Cfi. Ma Cfi per erogarlo, richiedeva alla società capienza dei bilanci e un certo valore di fatturato. Proprio quel fatturato che sarebbe stato facile raggiungere, se si fosse partiti con le commesse ricevute.

“FALLIMENTO VOLONTARIO” MA I LAVORATORI NON SI ARRENDONO

Un anno dopo la situazione non è cambiata, il tempo trascorso, in una fase di stallo, l’ha solo peggiorata. Al tavolo in Regione, Cfi ha pronunciato le parole che suonano come la pietra tombale sul progetto: la via allo stato da perseguire, ha detto, è quella della dichiarazione di ‘fallimento volontario’. I sindacati richiamano i soggetti istituzionali alle loro responsabilità, Legacoop rifiuta ogni addebito, attribuendo il fallimento al piano industriale.
E i lavoratori? Cosa pensano? Loro non si sono ancora arresi e cercano di sensibilizzare le istituzioni, con una lettera-appelli che è stata inviata nei giorni scorsi ai politici calabresi e ai sindaci della Valle del Savuto.

«Nonostante gli sforzi della Regione Calabria per convincere i “soci istituzionali” della Next Elettronica (come il fondo Cfi e Coopfond) a continuare il piano d’investimento, il bilancio della cooperativa rimane in negativo. I soci-lavoratori, pur di salvare la Next Elettronica, hanno finanche rinunciato agli stipendi e malgrado le difficoltà, sono riusciti anche a stringere una partnership con un’importante realtà calabrese, impegnata nello sviluppo di sistemi elettronici avanzati, basati sull’intelligenza artificiale per la sorveglianza e la difesa del patrimonio boschivo. Tutto ciò – scrivono nella lettera i soci fondatori – non è bastato a Cfi e Coopfond che sono arrivati al punto di negare anche un minimo prestito di soli 10mila euro che avrebbe permesso alla Cooperativa di pagare le ultime bollette rimaste insolute e di ritornare in produzione per consentire nel breve, una rapida ripresa di tutte le attività».

LA RICHIESTA AI POLITICI: “METTERE FINE A QUESTA SITUAZIONE ASSURDA”

A politici e sindaci si chiede, nella lettera, «di agire con orgoglio e mettere fine a questa situazione assurda». Nella Next Elettronica «non ci sono “falsi imprenditori” che rubano soldi, ma solo risparmi e sacrifici dei 16 soci-lavoratori che hanno creduto in un progetto diverso. Dove sono finiti i finanziamenti ex-Marcora che avrebbero dovuto moltiplicare fino a 5 volte l’investimento dei soci-lavoratori nel capitale sociale? – si chiede – E le collaborazioni con le storiche cooperative appartenenti al “mondo” Legacoop? E le commesse che avevano spinto i soci-lavoratori a iniziare questo progetto di cooperativa workers buyout? Chiediamo risposte chiare e trasparenti. La nostra intenzione è continuare a fare impresa, offrendo occupazione a noi stessi e agli altri lavoratori che, nel passato, hanno trovato lavoro nello stabilimento di Piano Lago di Mangone. Per farlo, dobbiamo uscire dagli schemi tradizionali e cercare nuove azioni coraggiose.

Come l’esempio del ministro Giorgetti e della Stm, un’azienda a partecipazione statale che ha recentemente investito 1,6 miliardi nella già ricca e produttiva Lombardia per colmare la carenza di chip, dobbiamo intercettare nuovi e importanti investimenti – conclude la lettera – La nostra amata terra calabra merita un futuro dignitoso, e la Next Elettronica può contribuire a realizzarlo. Vi preghiamo di agire con determinazione e orgoglio per salvare questo vero esempio di resilienza meridionale».

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