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Dal caso della studentessa cieca di Cariati, la realtà dei fatti sulle assegnazioni e le competenze degli insegnanti di sostegno e la figura poco conosciuta dell’assistente alla comunicazione
CARIATI – La figura dell’insegnante di sostegno è particolarmente complessa, oggi al centro di un dibattito articolato che ha, su tutte, la caratteristica di essere a più voci in quanto deve tenere conto di dinamiche non lineari che intrecciano ciò che è giusto con ciò che è possibile, ciò che è necessario con ciò che è desiderabile. Alunni e studenti, genitori e parenti, associazioni di categoria e sindacati, docenti specializzati e curriculari, ministeri competenti, referenti, certificatori e non, del settore medico, enti formatori (l’università su tutti), il settore amministrativo scolastico, la politica e anche la magistratura partecipano al dialogo, ognuno, spesso e purtroppo solo dal proprio sacrosanto punto di vista, premesso e sottolineato che ovviamente l’interesse dominante e a cui dare massima tutela è quello dello studente o alunno.
LA VICENDA DI ALISEA, STUDENTESSA CIECA DI CARIATI
La vicenda di Alisea, studentessa cieca di Cariati a cui quest’anno è stata assegnata una docente di sostegno non specializzata sul braille (Un sistema di lettura e scrittura tattile a rilievo per non vedenti e ipovedenti) ha aperto una discussione interessante, anche a fronte della sentenza del Consiglio di Stato n. 5851/2018 la quale afferma che “Il docente di sostegno deve possedere le conoscenze specifiche che consentano l’efficace ed ottimale espletamento della sua funzione, proprio con riferimento all’handicap di fronte al quale egli si trova ad operare”. Al di là dell’uso infelice della parola “handicap” presente nella sentenza, che dovrebbe essere stata epurata fin dalla Convenzione Internazionale ONU 2006 sui diritti delle persone con disabilità, sarebbe interessante che il Consiglio di Stato oltre allo spiegare il “cosa” deve essere fatto spiegasse anche il “come”.
IL SISTEMA DI ASSEGNAZIONE DEGLI INSEGNANTI DI SOSTEGNO
L’attuale sistema di assegnazione dei docenti di sostegno non si basa sulla disabilità dello studente da affiancare. Non si dimentichi che il docente di sostegno non è il docente di un singolo studente con disabilità, ma di tutta la classe, fin dalla legge 104 del 1992 che evidenzia la contitolarità dell’intera classe con il docente curriculare, anche se le linee guida del Decreto-legge 153/2023 affermano che i suoi interventi sono rivolti prioritariamente all’alunno o all’alunna con disabilità.
Il docente di sostegno viene assegnato da un algoritmo su base meritocratica, in relazione al punteggio maturato nelle GPS (Graduatorie Provinciali di Sostegno) dai docenti specializzati, ai diversi istituti scolastici che ne fanno richiesta. Poi sono gli stessi istituti, in base alle caratteristiche dei discenti e dei docenti ad affiancare quello specifico docente a quello specifico studente, tenendo conto di necessità e competenze, con il rischio che possa sussistere una disabilità per la quale non c’è una specifica competenza.
Non esiste una graduatoria di docenti con specializzazione su singola disabilità come sull’autismo, o sulla LIS (Lingua dei Segni Italiana) o sul braille, anche perché se così fosse, per una semplice questione di parità di diritti, dovrebbe esisterne una per ognuna degli infiniti tipi di disabilità. Né la conoscenza della LIS o del braille sono, di base, fattori che possano aumentare il punteggio in GPS o dare preferenze in graduatoria, almeno in relazione all’attuale normativa. D’altro canto, formare un docente specializzato sul sostegno con un’ulteriore specializzazione anche solo sulle principali disabilità sarebbe possibile, certo, ma con un percorso della durata di qualche anno, contesto che a fronte dell’emergenza sul sostegno che esiste, seppur più al nord che al sud, in alcuni gradi più che in altri, è allo stato attuale improponibile.
NESSUNA PRESUNTA IRREGOLARITA’ NEL CASO DI CARIATI
È giusto tutto ciò, nel senso più alto del termine? No, non lo è. E da qui si può partire. A quanto è noto nella procedura di assegnazione del docente di sostegno alla studentessa di Cariati non si possono riscontrare irregolarità o scorrettezze né si può o deve gridare allo scandalo. Per completezza va detto che il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, nel mese di agosto ha dichiarato la necessità di una maggiore specializzazione in quanto “Seguire un ragazzo non vedente richiede competenze diverse rispetto a quelle necessarie per un ragazzo autistico”. Il concetto di base non è sbagliato, ma resta il discorso della fattibilità.
Ci sono altre tre importanti considerazione da fare. La prima: un docente di sostegno non ha il ruolo di copiare i compiti in braille o dal braille o di fare i riassunti per lo studente con disabilità. Ha il ruolo di contribuire all’inclusione nella classe dello studente che affianca anche collaborando con lui al fine di far crescere la propria autostima attraverso risultati scolastici migliori. Se ciò avviene verificando i compiti con l’intramontabile, storico e stoico metodo braille, tanto meglio.
La seconda: un docente di sostegno sa che non è solo il braille l’unico sistema di trasmissione dati per i ciechi, che vanno dai display braille, allo screen rider dei device o ai Mini Audio Book. Ovviamente, deve essere sempre privilegiato il sistema preferito dallo studente o quello a cui è più abituato.
La terza: un docente di sostegno, in ogni classe, presta servizio per un massimo di 18 ore, quindi un po’ più che metà del tempo delle lezioni. E quando non è presente?
LA FIGURA DELL’ASSISTENTE ALLA COMUNICAZIONE AL FIANCO DEGLI INSEGNANTI DI SOSTEGNO
C’è un’altra figura fondamentale in questa vicenda che è emersa poco, ciò quella dell’assistente alla comunicazione. Questa figura, prevista anche dal Piano regionale sul diritto allo studio, è variegata e include diverse tipologie di professionisti tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo, educatori, tecnici del comportamento, psicologi, esperti di comunicazione aumentativa alternativa, ma anche esperti di lingua dei segni e del sistema di lettura e scrittura Braille. Pensate ad esempio ad uno studente cieco o sordo, il quale per il proprio percorso scolastico non può affidarsi solo all’insegnate di sostegno, per quanto specializzato, ma che ha bisogno ovviamente di una figura professionalmente formata in relazione alla specifica disabilità che vive. In questo caso, differentemente da quello del docente specializzato, può essere richiesta una specifica competenza.
Infatti, la studentessa di Cariati è affiancata da un’assistente alla comunicazione, con competenze braille, assegnata dalla Provincia di Cosenza, per 10 ore. Il problema è che sicuramente 10 ore non sono sufficienti, ma la necessità di incrementare il numero delle ore degli assistenti alla comunicazione è un’emergenza scolastica, di cui tra l’altro sono giunte copiose segnalazioni da diversi istituti scolastici. Potrebbe essere questa una soluzione, soprattutto una soluzione replicabile a tutti i casi similari che costellano il firmamento delle scuole italiane e calabresi? Probabilmente sì.
COSA SUCCEDERA’?
In conclusione, se valutiamo corretta la procedura di assegnazione del docente di sostegno nel caso specifico e se l’eventuale giudice adito ad affermare il diritto di Alisea ad avere un docente di sostegno esperto in braille sentenzierà in tal senso, cosa succederà? Al di là dell’affermazione dei diritti e della correttezza delle procedure, gli atti formali quali saranno? Si nominerà un nuovo docente? Se sì, in base a quale graduatoria o riconoscimento di certificazione, dato che l’attestazione della conoscenza del braille non è titolo di punteggio o preferenza nelle GPS? E se questo diritto è, come lo è, di Alisea, non lo è anche di tutti gli altri studenti, ad esempio, ciechi e sordi, nello spettro autistico o con sindrome di Down, che hanno un docente specializzato sul sostegno ma non sulla specifica disabilità?
A monte di tutte le considerazioni, non è possibile non schierarsi al fianco di un genitore che lotta per il diritto all’istruzione e all’inclusione della propria figlia.
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