Peppino Greco
4 minuti per la letturaNON è vero che tutte le famiglie felici si assomigliano. A noi cugini la nostra è sempre, a torto o ragione, sembrata speciale. A renderla tale il grande affiatamento tra i quattro fratelli che proprio non riuscivano a stare lontani fra loro, ma soprattutto per la carismatica figura del fratello maggiore che era memoria e cemento della famiglia.
Per tutti era don Peppino, ginecologo e ostetrico di fama che ha fatto nascere oltre ventimila bambini nella sua lunga attività professionale. Fu primario del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Castrovillari per quasi vent’anni e c’era da meravigliarsi nel vedere un uomo così imponente, con quelle mani così grandi, accogliere al mondo una nuova vita con tanta delicatezza. D’altronde indice inequivocabile della bontà del suo animo era il suo grande amore per gli animali.
Negli ultimi tempi andarlo a trovare significava avere brillanti conversazioni in mezzo al cinguettare dei suoi tanti uccellini e lo scodinzolio del suo amato jack russell Donna Sofia.
Era il medico che non si risparmiava mai. Da donatore e con una ulteriore specializzazione in ematologia, non ci pensava due volte ad offrirsi se una paziente aveva necessità di una trasfusione. Obiettore di coscienza era uno che riteneva fondamentale l’empatia fra medico e paziente, tanto che le sue prime visite consistevano spesso in lunghe chiacchierate, soprattutto con chi affrontava per la prima volta una gravidanza per creare quel feeling che riteneva fondamentale nel lungo e complesso percorso della nascita.
Era don Peppino per tutti i residenti della sua amatissima Cerisano di cui conosceva migliaia di aneddoti e i soprannomi praticamente di tutti. Socialista convinto, grande estimatore di Bettino Craxi si cimentò anche nella politica, diventando, negli anni ‘80, sindaco della sua Cerisano, ma si stufò ben presto di quel mondo così ipocrita che necessita di troppo pelo sullo stomaco.
Per noi cugini invece era zio Peppino, perno della famiglia e miniera inesauribile di racconti e storie: su Cosenza, su Cerisano, sulle tradizioni, sulla nostra famiglia, sul suo mestiere.
Fumava e ci raccontava, e noi stavamo nottate intere in estate ad ascoltarlo. Come quando si trovò nel mezzo di un temporale incredibile che aveva allagato mezza città e dovette far partorire una signora sul ciglio di una strada, a bordo di una 600. Fra di noi si scommetteva quanto tempo avrebbe trascorso al cenone di Natale e tantissime volte lasciava il desco per compiere quella che definiva la sua missione. Così come ogni Natale ci raccontava la gioia che provava quando il suo fraterno amico, Sasà Renzelli, chiamava lui e gli altri compagni ad incartare i prelibati torroncini del caffè storico cittadino. I resti della lavorazione nascondevano per tutti l’insidia di una indigestione.
Era il “capu male esempio” come lo definiva nonna Virginia, donna austera e tutta d’un pezzo che vedeva in quel figlio maggiore un irrimediabile scavezzacollo. Un giudizio che gli costò la spedizione in collegio a Napoli, causa uno scherzo a una professoressa che gli fece perdere l’anno di studi. Lo spedirono nel rinomato collegio Conocchia a Napoli gestito dai Gesuiti e approdo di tanta alta borghesia meridionale che vantava fra i docenti gente del calibro di Lorenzo Rocci. Fu esperienza fondamentale per la sua formazione anche grazie alla presenza di un gesuita parente di famiglia, don Ciccio Pellegrino, che lavorava a Radio Vaticano di cui poi divenne direttore. Il sacerdote prese a cuore quel ragazzino esiliato a Napoli e lo portò spesso con sé in posti che gli altri fratelli potevano solo sognare come le settimane bianche in Trentino o le gite in motoscafo a Capri. Ma soprattutto lo fece entrare in un mondo fatto non solo di sacerdoti ma anche di artisti, intellettuali, personalità politiche dell’epoca.
Si è spento ieri a 90 anni zio Peppino. E ora starà sicuramente organizzando una ciambotta tenendo banco con le sue battute e i suoi aneddoti. Sarà seduto vicino al suo amatissimo fratello, Adolfo, che per uno strano caso del destino è deceduto nello stesso giorno della sua dipartita. Oppure sarà semplicemente seduto, come nelle dolci sere d’estate di Cerisano, con la sua inseparabile sigaretta fra le labbra e il suo sorriso. “Massimù.. chi mi cunti?”
Le esequie si terranno oggi, lunedì 7 febbraio, alle ore 10, nella chiesa della Madonna del Carmine di Cerisano
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