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L'ospedale di Acri

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ACRI (COSENZA) – Ogni morte mette il punto su una storia. E’ il suggello di una vita e la firma in calce del protagonista. Quella di Eugen Munteau, romeno di 55 anni, avvenuta in una gelida giornata di inizio anno all’ospedale civile “Beato Angelo” di Acri, racconta una storia di sofferenze, di prevaricazioni, di sfruttamento, ma anche di gesti di grande umanità. Eugen è morto giovedì scorso in ospedale e la sua salma è stata trasferita a Cosenza per l’autopsia, che dovrà spiegare le cause del decesso. La drammatica storia è stata raccontata sulle pagine dell’edizione cartacea del Quotidiano.

Dalle testimonianze raccolte, l’uomo aveva deciso di estrarsi da solo dei denti, non potendosi permettere un dentista. Da quel momento per lui non c’era più stata pace. E’ stato sempre peggio, fino a quando i due compagni che con lui condividevano stenti e sacrifici si sono rivolti al loro ospite, che non ha perso tempo e lo ha portato in ospedale. Era in pessime condizioni, al punto che morirà nella struttura sanitaria nell’arco di poche ore.

Insieme ad altri due connazionali, la sua compagna e il fratello di lei, era giunto in Italia con un carico di speranze e con alle spalle scene di una vita da dimenticare. Dopo aver lavorato in una azienda di Acri, il rapporto di lavoro era finito malamente, con rivendicazioni e carte bollate. I tre, trovatisi letteralmente in mezzo a una strada, per qualche tempo hanno vissuto in una sorta di baracca, nel parco di Serralonga, a meno di dieci chilometri dal centro cittadino.

Una situazione che non poteva durare a lungo, infatti saranno gli interventi delle forze dell’ordine prima e dei servizi sociali del Comune poi a incaricarsi di porvi fine. Il parroco Don Giampiero Fiore si prende cura di loro, gli procura dei vestiti e del cibo. Riescono a stento a stare in piedi e il prete arriverà finanche a imboccarli. Un imprenditore acrese poi darà loro gratuita ospitalità.

Per il pranzo per qualche mese saranno ospiti fissi della Mensa del Girasole, gestita dall’associazione “Susy, sorriso di Dio”, che da anni garantisce un pasto caldo a chi non se lo può permettere. Chi li serviva ai tavoli si preoccupava anche di mettere da parte qualcosa che potesse servire per la cena, non essendo disponibile la sera il servizio. Da un po’ non si vedevano, e alla mensa qualcuno incominciò a preoccuparsi, al punto da chiedere notizie ai servizi sociali al Comune.

Quelle preoccupazioni da giovedì sono diventati punti interrogativi. La Mensa del Girasole è un luogo di straordinaria umanità, in cui tante storie di disperazione per qualche ora vengono sospese. Ieri mattina la presidente dell’associazione Rosetta Nigro e i suoi collaboratori non si davano pace, chiedendosi se avrebbero potuto fare di più per evitare la tragedia. Qui si diventa comunità e la morte di uno degli ospiti è un lutto.

Alla mensa ieri lacrime e recriminazioni, perché la sensazione che quei tre disperati fossero stati lasciati soli c’è. Da chi lo dovrà stabilire la coscienza individuale di ognuno che con loro ha avuto a che fare. Certo, Acri è una città in prima linea sull’accoglienza, anche grazie alla Casa di Abou Diabo, che da dieci anni garantisce non solo ospitalità ai minori non accompagnati, ma anche storie di integrazione.

In questa vicenda vi sono stati comportamenti esemplari, alla Mensa del Girasole, come nella casa dell’imprenditore che ha ospitato i tre senza chiedere in cambio nulla.

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