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Il bar distrutto

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COSENZA – Un bar saltato in aria nel centro città e una piccola rosticceria incendiata a pochi chilometri di distanza. È il bilancio della notte da tregenda di venerdì 18 maggio, (LEGGI LA NOTIZIA) data in cui a Cosenza si è rischiata una vera e propria strage, evitata solo per una fortunata coincidenza. Ora, a due settimane da quei fatti, la Procura guidata da Mario Spagnuolo ritiene di aver trovato il bandolo della matassa: dietro quella devastazione si nasconderebbe, infatti, un tentativo di truffa assicurativa.

È questa una delle accuse – l’altra è il danneggiamento – mosse al titolare delle due attività di ristoro, il 62enne Gianfranco Parise, destinatario ieri di un avviso di garanzia che gli assegna, per ora, il ruolo a lui sgradito di indiziato numero uno di questa vicenda. Non il solo, perché la concomitanza dei due eventi testimonia la partecipazione al crimine di esecutori materiali ancora da identificare.

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Il regista, però, sarebbe lui, il commerciante cosentino che opera nel settore da almeno un quarantennio e il cui nome, fin qui, non era mai stato accostato a eventi di cronaca giudiziaria. Il sospetto, dunque, è che lo abbia fatto per intascare i soldi dell’assicurazione e il presentimento è che i carabinieri siano arrivati a lui un po’ per esclusione. Non a caso, già nell’immediatezza gli inquirenti avevano escluso un coinvolgimento della criminalità organizzata, in particolare del racket delle estorsioni, e scartata anche un’improbabile matrice terrorista non restava che l’ipotesi di una pista privata.

(GUARDA IL VIDEO)

 

Ovviamente, non si tratta di un epilogo, ma di un punto di partenza. Sono troppe, infatti, le ombre che avvolgono ancora questa faccenda, a partire proprio dal movente. Pare, infatti, che nei giorni precedenti Parise avesse concluso la vendita delle sue attività a un altro imprenditore. Perché allora farle saltare in aria? E che collegamento c’è – se c’è – con l’incendio della sua autovettura subito alcuni mesi prima? Ma se il ruolo della vittima di Parise viene messo oggi in discussione, l’altro aspetto enigmatico del caso ci riporta dritti sul luogo dell’esplosione. La rosticceria ubicata in via Padre Giglio, proprio sotto la sopraelevata cittadina, è andata distrutta dalle fiamme appiccate con del liquido infiammabile.

Nulla, però, in confronto al destino occorso al Bilotti cafè di via Caloprese. Il bar, infatti, è stato letteralmente disintegrato da una duplice esplosione, accompagnata da altrettanti boati. Tutte le suppellettili e gli arredi sono state schizzate fuori dal locale, tra fiamme e fumo, con un pesante frigo che, catapultato dall’altro lato della strada, è andato a infrangersi contro il palazzo prospiciente. L’edificio in cui sorgeva il bar, invece, ne è uscito sconquassato, registrando il crollo di pareti e scale interne che hanno fatto temere per la sua stabilità. Non c’è scappato il morto, ma solo per un mezzo miracolo. Quel luogo, infatti, è un po’ la porta della movida cosentina, a pochi passi dalla nuova e celebratissima piazza Bilotti.

Il tutto si è consumato intorno all’una e mezza di notte, quando via Caloprese è solitamente affollata da veicoli in transito e da avventori di pub e locali: chiunque fosse passato di lì a quell’ora, non avrebbe avuto scampo, ma per fortuna non è successo. Già, ma come è successo? L’idea di partenza, cioé che si sia trattato di una bomba, sembra prossima al tramonto. «Non ci sono elementi che ci facciano pensare a un ordigno» è l’unica concessione sul tema da parte degli investigatori. Le indagini, intanto, vanno avanti sotto la guida del pm Antonio Bruno Tridico e con la supervisione del procuratore aggiunto Marisa Manzini.

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